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SCIENZA

Scritte sacre apparse su una tomba in Egitto: l'eccezionale scoperta

A pochi chilometri dalle famose piramidi dell'altopiano di Giza è stato ritrovato un sarcofago con iscrizioni tanto misteriose quanto importanti: spiegano la storia del defunto e restituiscono uno spaccato di antichità

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Immergersi nel passato, tornare indietro nel tempo, imbattersi in qualcosa di antico ma anche straordinariamente nuovo: gli appassionati di archeologia sanno bene qual è l’impatto di una scoperta storica. E il recente rinvenimento di una tomba con incise scritte sacre è proprio quel tipo di scoperta, destinata a lasciare il segno grazie alla sua particolarità.

Ebbene sì, perché è stato ritrovato un sarcofago, sepolto e ben nascosto che racconta una storia antichissima: una di quelle storie che ci fa smettere di indossare i nostri panni e ci teletrasporta tra le dune, le sfingi e le punte delle piramidi, in un’epoca misteriosa ed esoterica che ha ancora tanto, tantissimo da raccontare.

L’Egitto, i suoi misteri e le necropoli

Se è vero, infatti, che sappiamo tante cose sulla civiltà egiziana e sui suoi usi e costumi, è altrettanto vero che non sappiamo tutto. Diversi vuoti rendono ancora questa antica popolazione oggetto di numerosi studi e ipotesi. L’unica fortuna, per i posteri, è che i riti legati alla morte erano estremamente esplicativi: grazie ai corredi funerari, ai processi di mummificazione e alle camere dentro le Piramidi, è stato possibile ricostruire l’organizzazione in caste, le abitudini religiose, la specializzazione nelle discipline matematiche e la costruzione di leggende.

Le necropoli, dunque, sono un punto chiave per la ricerca archeologica sull’Antico Egitto, ed è per questo che ancora oggi sono oggetto di scavi e di studi attenti. Negli ultimi anni, per esempio, ci si sta concentrando moltissimo sulla necropoli di Saqqara, che ospita moltissimi complessi funerali (il più importante è la piramide a gradoni di Djoser, la più antica tra le piramidi) e che sarebbe stata consacrata all’antico dio della morte Sokar.

Proprio all’interno della necropoli di Saqqara, lo scorso anno, nel corso della campagna scavi del Ministero delle Antichità Egiziano 2021/2022 è stata fatta l’eccezionale scoperta di un sarcofago in granito, con un colore che vira tra il rosa-rosso. E oggi, a distanza di un anno, sta aiutando gli storici ad aggiungere tasselli al complicato puzzle della cultura egiziana.

Il sarcofago misterioso e il suo proprietario

Perché questo sarcofago sarebbe così importante? E come mai se ne sta parlando, nuovamente, a distanza di tempo? Perché il suo proprietario è rimasto sconosciuto fino a qualche giorno fa: finora, infatti, i ricercatori avevano solo supposto che doveva trattarsi della tomba di un alto funzionario, dato che il monumento funerario è stato ritrovato a sud del corridoio ascendente della piramide del Re Unas, che si contraddistingue per ben 712 iscrizioni magiche, riconducibili a incantesimi che dovrebbero aiutare l’anima ad avere un “sereno e ricco trapasso”.

La posizione aveva dunque fatto ipotizzare che il defunto avesse in qualche modo meritato la sepoltura in quel luogo sacro e “fortunato” e ad accreditare questa tesi c’era anche la condizione del sarcofago, che aveva il coperchio rotto, cosa che indica che è stato aperto e saccheggiato. Al suo interno, oltretutto, non sono stati trovati resti di mummie, fatta eccezione per alcuni residui pietrificati di liquido da mummificazione. E, cosa più importante, non c’è traccia del corredo funerario, che doveva pertanto essere estremamente prezioso.

La conferma, del rango (e dell’identità) del defunto, però, è arrivata solo adesso, grazie al rinvenimento, dopo scavi e accurate operazioni di pulizia, di alcune iscrizioni incise sul monumento funerario, le quali hanno rivelato che la tomba apparteneva a Ptahmweia, segretario reale durante il regno di Ramses II (1279-1213 aC) della XIX dinastia.  Il sarcofago ha dunque più di 3.200 anni, ma non solo per questo che è interessante: nel complesso, indica una serie di consapevolezze e conoscenze più profonde di quanto si potesse immaginare.

La camera oscura e le scritte sacre

Anche se non è ancora certo, i ricercatori suppongono che Ptahmweia svolgesse diversi compiti sotto Ramses II, tra cui quello di capo del tesoro del tempio funerario di Ramasseum. Questo lo rendeva responsabile delle offerte divine a tutti gli dei dell’Alto e del Basso Egitto e può far capire che il funzionario avesse proprio paura che la sua tomba (come poi è accaduto) venisse profanata.

Per questa ragione il sarcofago fu collocato all’interno di una camera sotterranea e oscura, a una profondità di circa 7 metri, e grande di 4,6 x 3,7 metri,  dunque abbastanza “modesta” per uno del suo rango. A fare ulteriore luce sulla storia sono le scritte sacre, incise accanto a scene che rappresentano il dio Horus insieme ai suoi figli e a una serie di preghiere che dovevano salvaguardare il defunto nel passaggio verso l’altro mondo e tutelarne il riposo.  Insomma, pare proprio che già in tempi antichissimi gli egizi sapessero che le tombe potevano essere saccheggiate e che facessero di tutto per evitarlo. Una scoperta che spiega le posizioni, talvolta incredibili e misteriose, di molte necropoli.

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