Alcuni animali hanno sviluppato la "sindrome dell'isola": cos'è e perché preoccupa
Il metabolismo degli animali è diverso in base a dove vivono, se sul continente o in aree insulari: ecco perchè molti stanno sviluppando la "sindrome dell'isola"
Una ricerca pubblicata su Science Advances ha riscontrato che gli animali che vivono sulle isole siano a maggior rischio di estinzione.
Sembrerebbe, infatti, che le specie insulari a sangue caldo abbiano la tendenza a sviluppare un metabolismo più lento rispetto alle controparti presenti sulla terraferma: in questo modo, per loro sarebbe anche più difficile riprendersi dallo stress e dalle malattie.
La vita degli animali sulle isole
Si racconta spesso di come la vita per le persone che abitano sulle isole possa svolgersi in maniera più lenta, permeata da un costante senso di languore e rilassatezza. Oggi, alcuni studi estendono tale concetto anche al mondo animale.
Al centro della ricerca proposta da Science Advances ci sono, infatti, le specie a sangue caldo che vivono sulle isole: il loro tasso metabolico sarebbe più fiacco, se paragonato a quello degli animali continentali. A ogni modo, in natura niente avviene per caso: tutto ciò aiuterebbe le specie insulari a sopravvivere in ambienti poveri di risorse.
Esiste, però, anche un aspetto negativo della questione: lo stesso che esporrebbe queste bestie a un maggiore rischio di estinzione. Com’è possibile? Nel processo, svolge un ruolo decisivo anche l’uomo, con le sue cattive abitudini: su tutte, quella dell’abbandono degli animali.
Ying Xiong, zoologo dell’Università agricola del Sichuan, in Cina, è il coautore dello studio. Egli sostiene che, al cambiare dell’ambiente, gli animali invasivi e presumibilmente immessi nell’ecosistema dagli uomini, arriverebbero fin sulle isole. Una volta qui, le specie già presenti non sarebbero in grado di difendersi da essi. Alla base del meccanismo ci sarebbe proprio il regime metabolico degli esemplari.
La “sindrome dell’isola”
Queste nuove scoperte si aggiungono a quanto gli scienziati già sanno, e che hanno sintetizzato nella cosiddetta “sindrome dell’isola“. Si tratta, in sostanza, della tendenza delle specie che abitano le aree insulari a sviluppare numerose differenze a livello fisiologico, comportamentale ed ecologico rispetto a quelle presenti sulla terraferma.
Se le ricerche precedenti consideravano il gap metabolico come l’ennesima caratteristica della “sindrome dell’isola”, focalizzandosi su una singola specie o gruppo, i recenti risultati arrivano da un set di dati assai più completi, che esaminano i tassi metabolici di specie diverse a sangue caldo e freddo. Questo è ciò che spiega l’altro coautore della ricerca, Roberto Rozzi, curatore di paleontologia presso il Central Repository of Natural Science Collections dell’Università Martin Lutero di Halle-Wittenberg, in Germania.
Xiong, Rozzi e i loro collaboratori hanno unito i dati raccolti all’interno di pubblicazioni di settore, database esistenti e altre fonti per compilare set d’informazioni metaboliche ed ecologiche su 2.118 animali a sangue caldo, di cui 193 insulari, e 695 a sangue freddo, di cui altri 38 insediati presso isole.
Utilizzando e comparando le analisi statistiche, gli autori hanno scoperto che le specie insulari a sangue caldo (un gruppo che comprende sia uccelli che mammiferi, ma non gli anfibi e i rettili a sangue freddo), tendevano ad avere un tasso metabolico inferiore. Accostando questi risultati con gli elenchi dello stato di conservazione, presenti nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) è stato possibile riscontrare una forte correlazione tra il metabolismo più lento e un aumento del rischio di estinzione per sottomissione ad altre specie arrivate dal continente, quindi più forti.