Libero
SCIENZA

Trovato un nuovo e raro fossile: è una scoperta importantissima

Grazie ad alcune cacciatrici di fossili dilettanti, degli archeologi hanno portato alla luce un fossile appartenente a un rettile che si muoveva negli abissi: si tratta della Stele di Rosetta della paleontologia marina

Pubblicato:

Diciamolo pure: il mestiere dell’archeologo è estremamente affascinante. E no, non solo perché Indiana Jones ha contribuito a renderlo coinvolgente e intrigante, ma anche e soprattutto per le scoperte che, ciclicamente, vengono alla luce cambiando il nostro modo di vedere il passato. L’ultima, in ordine di tempo, riguarda un fossile estremamente raro che gli scienziati hanno descritto come la Stele di Rosetta della paleontologia marina.

Di cosa si tratta nello specifico? Di uno scheletro completo, con testa e corpo non separati, appartenenti a un rettile marino dal collo lungo. Il fossile dovrebbe avere circa 100 milioni di anni e, stando agli scienziati, potrebbe nascondere la chiave per raccontare nel dettaglio il cammino evolutivi dei plesiosauri dal collo lungo in una precisa zona del mondo, durante il Cretaceo.

Le Rock Chicks e la scoperta del raro fossile

Ma com’è stato scoperto questo importantissimo fossile? Grazie all’impegno straordinario di un terzetto di cacciatrici di fossili dilettanti ribattezzato Rock Chicks: Cassandra, Sally e Cynthia. Cassandra, nello specifico, è proprietaria di una stazione di rifornimento del Queensland occidentale, in Australia, e aveva organizzato una spedizione in una zona poco lontana dalla sua stazione, perché poco tempo prima aveva già portato alla luce alcuni fossili che aveva giudicato interessanti.

Le Rock Chicks non potevano però immaginare che avrebbero portato alla luce qualcosa di così incredibile: lo scheletro era talmente ben conservato che le tre cacciatrici di fossili non hanno voluto rimuoverlo e si sono subito rivolte al Queensland Museum. A quel punto, la responsabilità è passata nelle mani del dottor Espen Knutsen, scienziato senior, archeologo e curatore della sezione di paleontologia dell’istituzione.

Che cos’era davvero il raro fossile?

Il dottor Knutsen ha immediatamente immaginato che lo scheletro appartenesse a un antico animale e, facendo mente locale, ha anche capito quale fosse: l’elasmosauro, ovvero un plesiosauro che coesisteva con i dinosauri. Per chi non lo sapesse, i plesiosauri sono un gruppo di rettili che si contendevano il dominio dei mari insieme agli ittiosauri. La maggior parte aveva la forma di un serpente e lunghi denti aguzzi e ciò combacia con lo scheletro ritrovato.

Secondo il dottor Knutsen, questo sarebbe il primo scheletro di elasmosauro completo di testa e corpo a essere stato ritrovato ed è stato proprio lui a rivelare che «questo fossile è proprio come la stele di Rosetta della paleontologia marina. Nasconde dei segreti, contiene la chiave di volta per spiegare l’evoluzione del plesiosauro dal collo lungo nell’Australia del Cretaceo e, per di più, ci può raccontare nel dettaglio la diversità delle specie racchiuse nel gruppo dei plesiosauri».

La storia del raro fossile e i prossimi passi

La prima cosa che il dottor Knutsen e il suo team di archeologi hanno fatto è stata ricostruire la storia dell’elasmosauro. Sono partiti dal fatto che durante il primo periodo del Cretaceo (tra 145,5 e 65,5 milioni di anni fa), gran parte del Queensland era ricoperta da un vasto mare poco profondo (il Mare di Eromanga).

È qui, evidentemente, che viveva l’elasmosauro, insieme ad altri plesiosauri ed ittiosauri: per questo in questa zona si trovano diversi resti fossili degli antichi abitanti dell’oceano. La scoperta è straordinaria, però, proprio perché i plesiosauri avevano un collo molto lungo. Ciò significa che con il passare del tempo dopo la morte la testa si separa e si sgretola: per questo è stato impossibile, finora, trovare un fossile integro.

Ora, l’obiettivo è quello di usare tutti gli strumenti più all’avanguardia per rispondere a ogni domanda sull’elasmosauro, sulle evoluzioni dei plesiosauri e sulle loro origini ed ecologie. Non resta dunque che aspettare i risultati della ricerca per scoprire di più sul nostro passato.