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Una parte di terra in Italia si sta spostando: il sistema di faglie che sta allontanando Calabria e Sicilia

Il punto della situazione sul sistema di faglie scoperto tra Calabria e Sicilia: una parte di terra si sta spostando in Italia e potrebbe causare terrem

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A quanto pare, una parte di terra in Italia si sta spostando: è ciò che hanno rivelato recenti ricerche scientifiche.

Il sistema di faglie tra Calabria e Sicilia sta provocando la progressiva separazione tra le due regioni, accompagnata da un lento sprofondamento della crosta terrestre al largo dello Stretto di Messina.

Cosa sappiamo sullo spostamento di terra in Italia

Il fenomeno cui si è appena fatto cenno è stato portato alla luce durante la campagna oceanografica Sirene, condotta dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) a bordo della nave Gaia Blu. Si tratta di una scoperta che solleva nuovi interrogativi sulla geologia della regione e sulle implicazioni sismiche che potrebbe avere in futuro.

Il sistema di faglie in movimento tra Calabria e Sicilia, che si estende nel Mar Ionio meridionale, è responsabile di una serie di moti tettonici che stanno gradualmente separando la Calabria dalla Sicilia.

Queste fratture nella litosfera terrestre permettono il movimento relativo di grandi blocchi di crosta terrestre. Nel caso dello Stretto di Messina, le faglie si estendono in profondità sotto il fondale marino e sono attive da migliaia di anni.

La campagna Sirene ha permesso di identificare un campo di rilievi sottomarini allineato lungo tali fratture, indicando che il processo di separazione è in corso e potrebbe continuare per millenni.

Durante la spedizione, i ricercatori hanno anche individuato dei fenomeni geologici particolari, come i diapiri e i vulcani di fango. I diapiri sono formazioni in cui materiali sedimentari, originariamente situati a grandi profondità, risalgono verso la superficie. Ciò avviene a causa della pressione esercitata dagli strati sovrastanti, che spinge i materiali meno densi verso l’alto. Nel caso dello Ionio, questi elementi risalgono proprio attraverso le faglie, diventando visibili solo grazie a sofisticate tecnologie di ecografia del sottosuolo.

I vulcani di fango, invece, si formano quando materiali profondi, insieme a fluidi e gas, emergono dalla crosta terrestre. Questo può causare vere e proprie eruzioni di corpi fluidi e viscosi, che si accumulano sulla superficie del fondale marino.

Le immagini sonar raccolte dalla Gaia Blu hanno mostrato con grande dettaglio le suddette strutture, fornendo agli scienziati una nuova comprensione della complessa geologia della zona.

Il sistema delle faglie tra Calabria e Sicilia

Uno degli aspetti più rilevanti di questa scoperta riguarda le potenziali implicazioni tettoniche e sismiche. La regione dello Stretto di Messina è una delle aree sismicamente più attive d’Europa. Il sistema di faglie individuato potrebbe essere direttamente coinvolto nella generazione di terremoti, il che rende particolarmente importante comprenderne a fondo la dinamica.

Le faglie tettoniche non solo influenzano il movimento relativo delle placche, ma possono anche accumulare energia che, quando rilasciata, provoca dei sismi. Studiandole, i geologi sperano di acquisire una maggiore comprensione dei meccanismi che scatenano i terremoti nella regione, contribuendo a migliorare le misure di prevenzione e sicurezza per le popolazioni locali.

Un altro elemento interessante della recente scoperta sullo spostamento di terra in Italia riguarda la natura del materiale risalente lungo le faglie. Alcuni scienziati ipotizzano che potrebbe trattarsi degli ultimi lembi della crosta terrestre originaria dell’antico oceano Tetide, che esisteva prima della formazione del Mediterraneo.

Questo oceano ha giocato un ruolo cruciale nella storia geologica dell’Europa e i suoi resti sono stati in parte coinvolti nei processi di subduzione che hanno portato alla formazione delle catene montuose degli Appennini e delle Alpi. Se questa ipotesi fosse confermata, si tratterebbe di una scoperta davvero significativa, poiché permetterebbe di gettare nuova luce su processi tettonici più atavici che hanno modellato l’intera area del Mediterraneo.

Non è tutto: la risalita di materiali provenienti dal mantello terrestre, situato a oltre 20 chilometri di profondità, suggerisce che le dinamiche tettoniche in atto sono estremamente complesse e coinvolgono non solo la crosta superficiale, ma anche strati molto più profondi della Terra.

In conclusione, considerando la zona in cui sono stati rilevati i movimenti terrestri, anche il dibattito politico intorno alla realizzazione di grandi opere, come il ponte sullo Stretto, dovrebbe prendere atto della scoperta, al fine di prendere decisioni future guidate dalla consapevolezza scientifica e dalle condizioni geologiche e sismiche della regione.

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