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Cosa sono e come funzionano i bot per computer e smartphone

Sempre più diffusi e sempre più “intelligenti”, i bot stanno diventando una presenza fissa nella nostra vita online. Bisogna però fare attenzione a non fare con

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Cosa sono e come funzionano i bot per computer e smartphone Fonte foto: Shutterstock

In ambito informatico i bot (abbreviazione di robot) sono dei software che, accedendo alla Rete sfruttando gli stessi canali utilizzati da utenti in carne e ossa, sono in grado di svolgere i compiti più vari in maniera completamente autonoma. Tutto merito, come vedremo tra poco, dell’intelligenza artificiale e del machine learning.

Questa capacità ha fatto sì che, soprattutto negli ultimi 3 anni, i bot si moltiplicassero e così le loro funzionalità e le loro applicazioni. Una tendenza che ha finito con il creare confusione tra gli utenti, anche i più esperti. Perché, come già detto, il mondo dei bot è piuttosto ampio: ci sono i bot delle botnet, utilizzati per attacchi DDoS e spam; ci sono i bot delle chatbot, utilizzati da servizi di messaggistica istantanea per automatizzare un certo tipo di comunicazione (diffusione di notizie, ad esempio, o assistenza clienti); ci sono poi i bot “social”, ovvero dei profili falsi utilizzati su vari social network per fare volume online.

Come funzionano i bot

Quando si parla di bot, oggi ci si riferisce a dei veri e propri algoritmi di intelligenza artificiale in grado di analizzare e comprendere – in maniera più o meno esatta – il linguaggio di utenti in carne e ossa che interagiscono con loro. Capacità che migliorano in maniera incrementale grazie al machine learning: i bot sono in grado di apprendere dai loro errori e, soprattutto, dalle loro interazione con persone reali. Ciò permette loro di migliorare le loro capacità di analisi del linguaggio umano e fornire, così, risposte sempre più puntuali ed esatte.

I bot tecnici

Si tratta, al momento, della tipologia di bot più diffusa e meno conosciuta agli utenti. Anche perché, tutto sommato, agiscono un po’ “nell’ombra”. All’interno di questa categoria, tanto per fare un esempio, rientrano i web crawler o web spider, i software utilizzati dai motori di ricerca per analizzare la Rete, salvare siti web e creare gli indici che permettono poi di restituire SERP adeguate alle nostre intenzioni di ricerca. Il mondo dei bot tecnici, però, è molto più ampio di quanto si possa immaginare: rientrano in questo ambito anche i cosiddetti wiki bot, software che hanno il compito di automatizzare la gestione dei progetti wiki (come Wikipedia, ad esempio) andando a controllare se i link (interni ed esterni) siano corretti e funzionanti, aggiornando automaticamente i contenuti o addirittura creando nuove pagine e nuovi voci dell’enciclopedia libera. In questo caso il bot più celebre (e attivo) è lo svedese lsjbot: ideato da Sverker Johansson, docente di linguistica cognitiva ed evoluzionistica presso la Dalarna University in Svezia, è autore di ben 8 milioni di pagine su Wikipedia (divise tra edizione in lingua svedese e cebuana).

I chatbot

In principio c’era Telegram, applicazione di messaggistica istantanea nata in Russia. Da lì la “moda” dei chatbot è esplosa velocemente, sino ad approdare su applicazioni più note, come Facebook Messenger ad esempio. Ma, esattamente, cosa sono i chatbot? Si tratta di software che, sfruttando intelligenza artificiale e apprendimento automatico, sono in grado di simulare le capacità di risposta di una persona in carne e ossa e, dunque, simulare una conversazione con un utente che li dovesse interpellare. Inizialmente molto elementari – le risposte dei chatbot erano predefinite e standardizzate – oggi le loro capacità di analisi del linguaggio e la loro abilità nel formulare risposte sempre più complesse stanno crescendo molto velocemente. Ciò ha permesso a sviluppatori, software house e società fornitrici di servizi di realizzare dei robot “da chat” capaci di svolgere le mansioni più svariate: ci sono i bot legati a testate giornalistiche internazionali – come quello della CNN, ad esempio – che aggiornano gli utenti sulle ultime novità in arrivo dal mondo; i bot “metereologi”, che forniscono previsioni sempre aggiornate e su richiesta dell’utente; fino ad arrivare ai chat bot “camerieri” che permettono di ordinare cibo da asporto a distanza. La grande tendenza nel mondo dei chatbot, però, è quella dell’assistenza al cliente: sempre più fornitori di servizi stanno rimpiazzando i centri di assistenza con chatbot pronti a fornire risposte e soluzioni senza tempi di attesa.

I bot “social”

I bot sono ormai diventati una presenza fissa anche all’interno dei social network sotto forma di profili falsi. Non ci vuole molto, infatti, per creare degli applicativi in grado di creare decine e decine di account utilizzabili poi per gli scopi più vari. C’è chi li utilizza, ad esempio, per gonfiare il numero di follower su Twitter e Instagram e far credere, così, di essere più celebri di quanto si sia in realtà. I bot “social”, però, stanno acquisendo una dimensione sempre più politica: come ravvisato dal gruppo di ricerca che sta dietro al progetto Political Bots, infatti, sono sempre di più gli account legati a personaggi pubblici che fanno ricorso ai bot per avere a disposizione una vera e propria “cassa di risonanza” sempre pronta a rilanciare i loro messaggi senza stare troppo a questionare. Proprio per arginare questo pericolo, Twitter ha lanciato diverse campagne tese a scovare profili falsi: lo scopo è evitare che questi bot possano essere utilizzati per rilanciare notizie false e alimentare, così, un pericolosissimo circolo vizioso.

Le botnet

Come in una sorta di escalation militare, negli ultimi anni si è assistito a una crescita senza pari dei cosiddetti computer zombie che, una volta infettati, vanno a ingrassare le fila delle reti di bot – o botnet che dir si voglia. I bot, in questo caso, sono dei dispositivi informatici infettati da una particolare tipologia di malware che consente a un hacker di controllarli a proprio piacimento anche se si è a distanti centinaia o migliaia di chilometri. I device – computer, smartphone, smartwatch o gadget connessi dell’Internet of Things – diventano una sorta di marionetta (o robot, per l’appunto) sotto il completo controllo del pirata informatico di turno. La massiccia diffusione di gadget connessi cui si è assistito negli ultimi tempi ha accresciuto ulteriormente le possibilità di chi vuole costruire una botnet, mettendo a disposizione decine di migliaia di dispositivi facilmente hackerabili (vedi il caso dell’attacco a DynDNS). Oggi le botnet possono essere composte anche da qualche centinaio di migliaia di computer zombie e sono diventate, non a caso, il pericolo principale per la sicurezza informatica: reti di bot come Mirai e Ramnit sono state utilizzate a cavallo tra 2016 e 2017 per mettere fuori uso fornitori di servizi web a livello mondiale e istituti bancari di grandi e grandissime dimensioni.