Hanno ossessionato gli archeologi per oltre 200 anni: risolto il mistero
Oggetti all'apparenza insignificanti ma alquanto insoliti, che hanno ossessionato gli archeologi per oltre 200 anni: finalmente il mistero è stato risolto.
Per secoli gli archeologi sono stati letteralmente ossessionati da alcuni insoliti oggetti ritrovati all’interno di antiche sepolture anglosassoni e oggi, finalmente, il mistero sembra risolto. Come riporta l’articolo pubblicato sul Journal of Archaeological Science, un team di esperti ha lavorato all’analisi di uno degli “anelli” in questione, un oggetto troppo grande per essere un classico ornamento per le dita. Quel che hanno scoperto ci dona delle informazioni inedite e molto interessanti su una pratica diffusa tra l’élite anglosassone tra la fine del V e l’inizio del VI secolo d.C.
Risolto il mistero degli anelli trovati in Inghilterra
Possono degli oggetti all’apparenza insignificanti come degli “anelli” catalizzare l’attenzione degli esperti, anche per oltre 200 anni? A giudicare dallo studio in questione parrebbe proprio di sì, e i motivi sono più che validi. Primo fra tutti perché gli insoliti reperti sono stati ritrovati a centinaia (si parla di 700) all’interno di antiche sepolture anglosassoni diffuse su tutto il territorio inglese e poi, più semplicemente, per un motivo “banale”: quando in passato qualcuno decideva di mettere un oggetto all’interno di una tomba, c’era sempre una ragione ben precisa.
Per lunghissimo tempo gli archeologi hanno raccolto questi “anelli” dall’origine misteriosa, hanno cercato di capire da dove provenissero e anche di sondarne fattura e materiali. Soltanto adesso – grazie ad alcune tecniche scientifiche di ultima generazione, al servizio degli archeologi – il mistero è stato risolto.
Analizzando uno di quelli recuperati da una sepoltura datata tra la fine del V e l’inizio del VI secolo d.C., vicino al villaggio di Scremby, a circa 110 km a est di Sheffield, hanno scoperto che si tratta di anelli di avorio, molto probabilmente provenienti da elefanti africani che vivevano, dunque, a circa 6.400 chilometri di distanza dal luogo delle sepolture. La scoperta ci dice una cosa importante: esisteva una rete commerciale che importava oggetti dall’Africa orientale attraverso l’Europa post-romana fino in Inghilterra, rete che a tutti gli effetti rappresenta una delle più lunghe rotte commerciali conosciute a quel tempo.
A chi appartenevano i preziosi “anelli di avorio”
Va da sé che possedere oggetti che per raggiungere il Regno Unito dovevano percorrere quasi 7.000 chilometri non era cosa da tutti.
Analizzando la proteina di collagene dell’avorio, il team ha scoperto che l’anello di Scremby era stato ricavato dalla zanna di un elefante africano del genere Loxodonta, mentre l’analisi al radiocarbonio ha rivelato che l’animale visse intorno al V secolo d.C. In generale tutti gli anelli possiedono lo stesso aspetto, misurano tra 10 e 15 centimetri di diametro e sono stati trovati solo ed esclusivamente nelle tombe di ricche donne anglosassoni.
Ma perché mettere nel corredo della sepoltura un oggetto tanto insolito? Non avrebbe mai potuto essere un anello da dito, perché troppo grande e impossibile da indossare. Si è ipotizzato che potesse essere una sorta di bracciale, ma anche in quel caso c’era qualcosa che proprio non tornava agli archeologi. Infine hanno trovato una soluzione: sono convinti che questi gli anelli venissero legati intorno alla vita e che contenessero delle piccole borse che, a loro volta, fungevano da tasche in cui queste donne riponevano gli oggetti in modo da averli sempre a portata di mano.