C’è stata un'esplosione che ha illuminato il cielo, e l’abbiamo “catturata”
Gli scienziati sono riusciti a rivolgere lo sguardo (tramite il telescopio Hubble) verso il cielo nel momento giusto: hanno catturato l'esplosione di una supernova, assistendo a tutte le sue fasi
Quanti straordinari avvenimenti racchiude il nostro cielo? Tanti, tantissimi. E talvolta persino per gli scienziati, così abituati a esplorarne gli anfratti più misteriosi, è una fortuna assistere ad alcuni di questi eventi così particolari. Una di queste fortune riguarda il telescopio spaziale Hubble, che ha catturato l’esplosione di una supernova, riuscendo a immortalare diverse fasi a partire dall’innesco.
La cosa più particolare è che, in realtà, le immagini catturate da Hubble risalgono al 2010, quando il telescopio stava analizzando l’ammasso di galassie chiamato Abell 370. Ai tempi, le immagini passarono stranamente in sordina perché il fatto che il telescopio catturasse diversi aspetti di questo ammasso era normale. Negli scorsi giorni, invece, un team di astronomi ha passato quelle immagini al vaglio, ed ecco la sorpresa: gli scatti di una supernova neonata, esplosa circa 11,5 miliardi di anni fa, scattata nei momenti successivi alla morte della stella.
La ricerca degli scienziati e l’individuazione dell’esplosione
Per quale ragione gli scienziati hanno analizzato delle immagini risalenti al 2010? In sostanza, alcuni ricercatori associati capitanati dal professor Wenlei Chen dell’Università del Minnesota, aveva intenzione di elencare una sorta di cronologia delle esplosioni transitorie nella costellazione della Balena, dove si trova appunto l’ammasso di galassie Abell 370. L’idea era quella, nello specifico, di fare un elenco dettagliato di tutte le esplosioni stellari già note, legate a evoluzioni e distruzioni, per compararle e vedere se il tempo influisce su di esse.
Imbattendosi nelle immagini del telescopio Hubble, però, Chen ha visto qualcosa di molto particolare: una sorta di luce che si “piegava” attorno all’ammasso di galassie, con una curvature causata da una forza gravitazionale che poteva appartenere solo a una supernova. L’effetto di questa curvatura è noto come “lente gravitazionale” e ha subito fatto capire al team di scienziati che quelle immagini potevano restituire qualcosa di davvero molto, molto importante.
L’esplosione della supernova e le sue informazioni
Analizzando e rianalizzando le immagini del telescopio, Chen e i suoi colleghi hanno potuto notare lo shock termico di una supergigante rossa. Sovrapponendo i vari scatti, si sono trovati di fronte a uno sbiadimento progressivo, che lascia ben interpretare tre fasi dell’esplosione stellare energetica: l’innesco, l’emissione di energia e il collasso. La galassia ospite della supernova, per altro, cambia aspetto in base al progressivo spegnersi della stella.
Per gli scienziati è stato persino possibile vedere i diversi colori della supernova durante la sua morte e il suo conseguente raffreddamento. Ma non è tutto qui: inserendo i dati di Hubble nei modelli scientifici pre-esistenti relativi alle esplosioni delle supernove e analizzando i dettagli nelle immagini, Chen e il suo team hanno determinato che la stella originale trasformatasi in una supernova era probabilmente una supergigante rossa con un diametro di circa 530 volte quello del Sole.
Non solo: dato che la supernova ha un elevato spostamento verso il rosso (ossia: le lunghezze d’onda della sua luce tendono al rosso per via dell’espansione) gli astronomi sono stati in grado di stimare l’età della supernova a circa 11,5 miliardi di anni, affermando che si tratti di una delle supernove più antiche e lontane che abbiamo mai visto. Infine, la squadra ha anche stabilito che la prima immagine visibile è stata scattata da Hubble appena sei ore dopo l’esplosione in seguito al crollo del nucleo, mentre la seconda e la terza sono state scattate rispettivamente circa 10 e 30 giorni dopo l’esplosione.
L’importanza della scoperta
Perché questa scoperta, seppur arrivata con dodici anni di “ritardo” è fondamentale? In primis, perché oggi gli scienziati hanno gli strumenti giusti per interpretarla. Poi, perché finora le cosiddette “misurazioni del raggio del progenitore” dalle prime curve di luce emesse da una supernova (ovvero quelle relative al momento dell’innesco) sono davvero poche e quasi tutte mancano di una serie di osservazioni ultraviolette fondamentali per stabilire nuovi parametri e far progredire gli studi su questo tipo di esplosioni stellari.
Infine, il team spera di trovare altri casi analoghi cercando proprio dei bagliori simili nelle altre galassie: la loro modellazione, infatti, aiuterà lo studio di supernove simili, anche se lontanissime, e aiuterebbero anche la comunità scientifica ad adattare gli strumenti per poter analizzare il tutto con un maggiore grado di attenzione.