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SCIENZA

Il fertilizzante del futuro è nei nostri scarti alimentari

Secondo un nuovo studio, è possibile usare gli scarti alimentari del corpo umano come fertilizzante per le piante. Nasce l'agricoltura circolare, che aiuta l'ambiente e le persone.

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Come coltiveremo in futuro: l'agricoltura circolare Fonte foto: iStock

Il 25 settembre del 2015, i 193 stati dell’Assemblea Generale dell’ONU hanno adottato la cosiddetta Agenda 2030, un documento che porta il titolo “Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”.

Tra i 17 obiettivi indicati da Agenda 2030, sconfiggere la piaga della fame che ancora interessa buona parte del mondo ed il raggiungimento di standard di produzione e consumo che siano sostenibili a livello ambientale, economico e sociale. 

Le sfide sociali legate al cambiamento climatico passano anche da un approccio che tenda ad un’economia più sostenibile, la cosiddetta “economia circolare” che vede nel riuso delle risorse e nella lotta agli sprechi un nuovo modello ecosostenibile.

Lo strano caso dell’economia circolare applicata all’agricoltura

Il concetto di economia circolare, così come declinato nell’Agenda 2030, può essere applicato anche alla produzione agricola: almeno questo è il parere del professore Jeremy Guest, dell’Università dell’Illinois, che ha appena pubblicato un rivoluzionario studio sui fertilizzanti del futuro.

Secondo Guest, nel prossimo futuro saremo in grado di usare gli “scarti umani” come fertilizzante, chiudendo così il cerchio di un’economia realmente circolare, e con ciò totalmente sostenibile almeno da un punto di vista ambientale e in materia di consumo delle risorse.

Pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Science and Technology, lo studio parte dall’analisi dei nutrienti rintracciabili nell’urina degli umani, e si spinge fino alla simulazione dei possibili scenari dati dalla possibilità di usare gli scarti del corpo umano per produrre altro cibo.

La quantità di nitrogeno, fosforo e potassio “rimane largamente inalterata all’interno dei nostri corpi, una volta terminato l’accrescimento fisico”. Perciò è possibile, secondo Guest, “fare una stima dei nutrienti presenti negli scarti del corpo delle singole popolazioni a partire dalla conoscenza della dieta più diffusa”. 

Si tratta essenzialmente di rintracciare, nelle urine, i nostri scarti alimentari: tutto quel che non serve al corpo umano ed è invece perfettamente in grado di nutrire le piante.

Il fertilizzante che può aiutare lo sviluppo

Il nuovo studio è, nelle parole del Dottor Guest, “il primo a descrivere con una singola equazione matematica la localizzazione di domanda e offerta di nutrienti derivanti da scarti umani”. 

Ciò significa che la ricerca è la prima ad affrontare il tema confrontandosi con i dati reali di diversi Paesi del mondo, arrivando al punto di stabilire tre possibili scenari.

La dieta delle persone, come anche le condizioni delle strutture igienico-sanitarie e la disponibilità di determinati nutrienti, è molto variabile di Paese in Paese: negli Stati Uniti e in Australia, per esempio, domanda ed offerta di scarti umani sono dislocati, in quanto l’attività agricola è perlopiù intensiva e lontana dai centri abitati. 

Diversa è la situazione in Paesi come la Nigeria e l’India, in cui le popolazioni vivono in prossimità dei campi coltivati, rendendo il riuso degli scarti alimentari più praticabile.

Gli scenari descritti da Guest sono tre: domanda ed offerta possono essere co-localizzate, come nel caso di India e Nigeria, dislocate, come negli USA, oppure possono presentare diversi aspetti di prossimità.

È il caso di Paesi come Brasile, Cina e Russia, in cui coesistono scenari di co-localizzazione e dislocazione, ovvero ci sono sia popolazioni che vivono in prossimità dei campi coltivati sia realtà in cui l’agricoltura intensiva è dislocata rispetto ai centri popolati.

Lo studio ha interessato 107 Paesi in tutto il mondo, di cui sono stati approfonditamente studiati la dieta, la demografia e i dati relativi ad agricoltura e servizi igienici. Si nota subito, afferma Guest, che i Paesi in cui sarebbe più immediata e semplice l’applicazione dell’economia circolare dei fertilizzanti sono anche quelli con le strutture igieniche meno evolute. 

La scoperta del fertilizzante derivante da scarti umani, dunque, potrebbe anche essere la spinta a migliorare le condizioni di agricoltura e servizi igienici nei Paesi più poveri, rispondendo ancora più apertamente alla sfida lanciata dall’Agenda 2030.

Alessandra Caraffa

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