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Israele: trovata la più grande cantina del mondo Bizantino

La più grande cantina dell'epoca bizantina: il vino di Gaza, conosciuto in tutto il mondo antico, veniva prodotto qui. La scoperta degli archeologi

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La cantina più grande dell'epoca bizantina Fonte foto: 123RF

Le evidenze che il vino fosse conosciuto ed apprezzato già in epoca antichissima sono molteplici: dalla tradizione dei banchetti romani ai riferimenti nelle sacre scritture ebraiche e cristiane, è chiaro che i popoli antichi amassero il vino.

C’è addirittura una teoria che vorrebbe la nascita dell’agricoltura legata più alla necessità di coltivare orzo per produrre birra che non al reale bisogno di cibo degli uomini dell’epoca neolitica, per cui sarebbe stato sufficiente cibarsi di quel che la natura offriva.

La più grande cantina del mondo bizantino

Recenti scavi nell’area archeologica di Yavneh, nel distretto centrale di Israele, hanno portato alla luce un enorme complesso di matrice industriale, risalente a migliaia di anni fa, in cui si produceva vino.

E non si tratta di una qualunque struttura, ma probabilmente della più grande cantina in attività in epoca bizantina. I ricercatori dell’Israel Antiquities Authority credono che si tratti del complesso proto-industriale che produceva ed esportava il cosiddetto Vino di Gaza, ben noto presso le popolazioni dell’Asia Minore.

Molte anfore del tipo di quelle che si producevano nell’area di Gaza sono state rinvenute nella città di Alessandria, in Egitto: si tratta in realtà del vasellame più numeroso, tra i tanti reperti rinvenuti, sottolinea Jon Seligman, tra gli autori della ricerca.

Ma cosa fa pensare agli archeologi di essere di fronte ad un complesso industriale di tale importanza? Innanzitutto, le dimensioni della struttura appena emersa. Come spiega Seligman “sono stati rinvenuti molti torchi da vino nel Paese, ma trovare un complesso di cinque grandi torchi nello stesso posto è un caso unico”. Ognuno dei torchi bizantini rinvenuti a Yavneh misura circa 225 metri quadri, ad indicare una produzione decisamente importante.

Inoltre, le strutture produttive erano progettate accuratamente: “sono simmetriche, ed hanno le medesime caratteristiche” osserva Seligman “sono state costruite come un unico complesso, fino al minimo dettaglio”.

Secondo gli archeologi è dunque chiaro che ci fosse un certo soggetto dal potere decisionale in grado di “costruire una tenuta vitivinicola completa, con strade, cantine in cui invecchiare il vino nelle anfore, torchi e fornaci per la cottura del vasellame”.

Sono state rinvenute strutture per la produzione di vino un po’ ovunque nell’area medio orientale, fino al deserto del Negev, eppure quanto emerso a Yavneh, secondo gli studiosi, “era di tutt’altra entità”.

Come si produceva il vino in epoca bizantina?

In epoca bizantina, molti pellegrini visitavano la Terra Santa ed avevano la possibilità di conoscere il famoso “vino di Gaza” – che non veniva prodotto a Gaza, ma che da lì veniva spedito verso le coste europee – e portarne la notizia nelle proprie terre.

Ecco che il mito del vino della Terra Santa si espanse rapidamente tra le popolazioni europee, che quindi divennero uno dei principali clienti del vino d’esportazione prodotto a Yavneh.

Gli scavi condotti dal dottor Seligman e colleghi danno anche importanti indicazioni su quale fosse la modalità di produzione del vino in epoca bizantina. È chiaro per esempio che la struttura di Yavneh non producesse soltanto vino.

L’uva veniva inizialmente raccolta su piccole porzioni di pavimento, dove veniva lasciata a macerare liberamente grazie alla pressione statica. Quello prodotto senza rompere la buccia degli acini era considerato di certo il vino di più alta qualità, privo dei tannini che si creano proprio durante la rottura della pelle degli acini.

Soltanto dopo l’uva veniva portata verso uno dei cinque pavimenti dedicati alla pigiatura, che avveniva con i piedi.

In base alle caratteristiche riconoscibili delle strutture, gli archeologi hanno calcolato che la cantina di Yavneh potesse produrre 2 milioni di litri di vino ogni anno – una quantità che corrisponde ad una moderna “scala industriale” e che porta gli scienziati alla convinzione che si tratti della più grande cantina dell’epoca.

In merito ai vitigni utilizzati, purtroppo, si è persa ogni traccia: il vino prodotto oggi da Israele è frutto di vitigni importati, poiché tutti gli autoctoni sono estinti. L’unica cosa che sappiamo, in merito al vino di Gaza, è che si trattasse di vino bianco. Antiche fonti parlano infatti del vino di Gaza come di “bianco come la neve” ricorda Seligman. Gli archeologi sono sulle tracce del vitigno bizantino: il loro prossimo studio tenterà di estrarre il DNA delle uve antiche dai vinaccioli rinvenuti durante gli scavi.

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