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SCIENZA

La Terra potrebbe diventare come Saturno per colpa dei "rifiuti"

Secondo Jake Abbott la Terra avrà presto i suoi anelli, come Saturno: saranno fatti di immondizia spaziale, ed è necessario trovare presto una soluzione

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Il problema dei detriti spaziali Fonte foto: iStock - johan63

Il problema dei rifiuti spaziali sta diventando di giorno in giorno più stringente. I recenti rischi di collisione sperimentati sulla Stazione Spaziale Internazionale sono soltanto la punta di un iceberg che inizia a preoccupare seriamente la comunità scientifica, sempre più impegnata nella ricerca di una soluzione al problema della “space junk”.

Come gli anelli di Saturno

In materia di detriti spaziali, esiste sin dal 1978 una teoria che ipotizza il peggiore scenario possibile: si chiama Sindrome di Kessler, e fu proposta dal consulente della NASA Donald J. Kessler.

Secondo la famosa teoria, la quantità di detriti a spasso nell’orbita bassa della Terra diventerà a un certo punto così elevata che gli oggetti in orbita saranno sempre più spesso coinvolti in collisioni.

Gli impatti a loro volta genereranno ulteriori detriti, in una spirale senza fine che potrebbe rendere impossibile in un prossimo futuro anche l’uso dei satelliti per le telecomunicazioni, per non parlare dell’esplorazione spaziale.

Si tratta soltanto del peggiore scenario possibile: sono ormai decine gli studi in campo per il recupero dei detriti spaziali, ma c’è bisogno che si progredisca in fretta, e che alcuni di questi progetti diventino finalmente operativi.

Un recente report dell’ESA conferma la presenza di oltre 170 milioni di detriti in orbita più grandi di un millimetro, dei quali circa 670mila più grandi di un centimetro.

Ed è ancor più recente la dichiarazione del Professor Jake Abbott dell’Università dello Utah, secondo cui “la Terra avrà presto i suoi anelli, come Saturno, ma saranno fatti di immondizia spaziale”.

Magneti per raccogliere “gli anelli di detriti”

Secondo Abbott, la Terra potrebbe apparire molto presto come Saturno: “la maggior parte dei detriti è in viaggio sull’orbita terrestre”, sostiene Abbott, ed è proprio per questo motivo che l’idea di un semplice braccio robotico che li catturi non convince il professore.

La velocità cui si muovono gli oggetti in orbita è superiore a 7 chilometri al secondo: a tali velocità, una sonda può spostare un asteroide, e un detrito di pochi millimetri diventare un oggetto temibile. “Cercare di fermarli con un braccio robotico” sostiene quindi Abbott “significherebbe rompere il braccio e creare ulteriori detriti”.

Come evitare quindi che intorno alla Terra si creino quegli “anelli di Saturno” fatti di detriti che potrebbero impedire il progredire dell’esplorazione spaziale e complicare non poco le comunicazioni sul pianeta?

In un recentissimo paper pubblicato su Nature, il team di ricerca guidato da Abbott propone quello che chiama “il primo raggio traente della storia”: un grande magnete in grado di attirare e rallentare il corso dei detriti, per poi raccoglierli e toglierli di torno.

Il progetto sfrutta le cosiddette correnti parassite, o correnti di Foucault, generate dalla variazione del flusso magnetico all’interno di un campo magnetico variabile. Un enorme magnete che dovrebbe operare in cima a un braccio robotico, in modo che le correnti vengano generate alla giusta altezza.

Quella dei magneti è una delle soluzioni più caldeggiate nella soluzione del problema dei detriti spaziali, e il raggio traente di Abbott si propone come una possibile soluzione: “da adesso in poi è solo questione di ingegneria” conclude Abbott “bisogna solo costruirlo e lanciarlo”.