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Trovate montagne più alte dell'Everest nel nostro sistema solare: la scoperta

La mappa delle montagne più alte va ridisegnata se si considera l'intero Sistema Solare: le maggiori vette non si trovano sulla Terra ma su altri pianeti

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Montagne più alte Fonte foto: 123RF

Chi pensava che il Monte Everest fosse la vetta più imponente dell’universo, deve prepararsi a rimanere sorpreso.

Una nuova mappa interattiva, che permette di esplorare le montagne più alte del Sistema Solare, mette in prospettiva la grandiosità delle vette terrestri, rivelando quanto siano in realtà piccole rispetto ai colossi presenti su altri corpi celesti.

Le montagne più alte del Sistema Solare

Per decenni l’Everest è stato considerato il massimo traguardo per ogni alpinista, la vetta da scalare per mettere alla prova definitivamente la resistenza fisica e mentale. Da quando Sir Edmund Hillary e Tenzing Norgay hanno raggiunto la sua cima nel 1953, l’Everest ha rappresentato il simbolo della sfida estrema contro la natura.

Però, con l’avanzare delle tecnologie e l’espansione della comprensione dello spazio, l’umanità si è trovata a fare i conti con sfide alpinistiche ben più imponenti… su altri pianeti e asteroidi!

Una delle più recenti mappe interattive in merito offre una panoramica affascinante delle cime più alte del Sistema Solare: il confronto con l’Everest è impressionante. Nonostante i suoi 8.848 metri, l’Everest appare minuscolo accanto a giganti come la montagna Rheasilvia, situata sull’asteroide Vesta, e l’Olympus Mons su Marte, entrambe incredibilmente più imponenti.

Rheasilvia, per esempio, è un massiccio montuoso che raggiunge un’altezza vertiginosa di 22.500 metri. Questa montagna non si trova su un pianeta ma su un asteroide, il gigantesco Vesta, che costituisce ben il 9% della massa di tutti gli asteroidi conosciuti. Vesta è un oggetto celeste affascinante, individuabile nella fascia principale degli asteroidi tra Marte e Giove, e Rheasilvia è il risultato di un colossale impatto che ha lasciato un cratere così grande da occupare il 90% dell’intera superficie dell’asteroide. L’imponenza di Rheasilvia e la sua altitudine, tripla rispetto all’Everest, farebbero impallidire anche l’esploratore più audace.

Il secondo colosso in classifica è l’Olympus Mons, posto su Marte. Questa vetta a scudo non solo è la più alta del “pianeta rosso”, ma rappresenta anche il vulcano più imponente di tutto il Sistema Solare. Con i suoi 21.945 metri sopra il livello del Mars Global Datum (l’equivalente marziano del livello del mare), Olympus Mons sorpassa di gran lunga l’Everest, rendendolo quasi insignificante al confronto.

Ma ciò che rende l’Olympus Mons ancora più impressionante è la sua estensione: questo vulcano si allarga su una superficie paragonabile a quella della Francia. La sua pendenza dolce e il suo diametro di circa 600 chilometri contribuiscono a renderlo un’enorme struttura geologica, visibile anche da notevoli distanze nello spazio.

Il vulcano, tuttavia, non sarebbe una minaccia imminente per i futuri esploratori marziani. Nonostante la sua grandezza, l’Olympus Mons sembra essere dormiente da almeno 25 milioni di anni. Questo significa che i futuri pionieri dello spazio non dovrebbero temere eruzioni violente, ma piuttosto concentrarsi sulla sfida fisica di scalare una montagna dalle proporzioni epiche.

La sua struttura a scudo, caratterizzata da lunghe e poco ripide pendenze, renderebbe la salita una lunga marcia verso il cielo marziano, anziché che un’ascesa erta e tecnica. Tuttavia, la distanza e la gravità inferiore su Marte aggiungono un livello di difficoltà che gli alpinisti terrestri non hanno mai affrontato prima.

Le forze della natura

Questi giganti cosmici non sono solo impressionanti per la loro altezza, ma ci forniscono anche nuove prospettive sulle forze naturali che modellano i corpi celesti. Mentre sulla Terra le montagne si formano principalmente attraverso il movimento delle placche tettoniche e l’erosione, su altri pianeti possono essere il risultato di impatti catastrofici, come nel caso di Rheasilvia, o di vulcanismo prolungato, come con l’Olympus Mons.

Esplorare queste formazioni ci aiuterebbe a comprendere meglio la storia geologica di altri astri e asteroidi e, al contempo, anche le condizioni ambientali che potremmo affrontare quando, un giorno, la perlustrazione spaziale diventerà una realtà quotidiana.

Inoltre, immaginare di scalare queste montagne fuori dalla Terra invita a riflettere sul futuro dell’alpinismo. Se l’umanità riuscirà a stabilirsi su Marte, o in altri angoli del Sistema Solare, quali saranno le nuove frontiere dell’esplorazione?

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