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Napoli, è iniziata la risalita dei fluidi nel vulcano: cosa può succedere ora?

Allarme ai Campi Flegrei, tra terremoti e risalita dei fluidi: c'è da aspettarsi il magma? Ecco le parole dell'esperto dell'Osservatorio Vesuviano

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L’allarme del vulcano dei Campi Flegrei continua a mantenere alto il livello d’allarme tra i cittadini di Napoli. Le scosse di terremoto sono all’ordine del giorno e a poco servono gli appelli alla calma delle autorità.

Si teme che il preavviso di un’eventuale eruzione non giunga affatto in tempo per mettere in atto il piano di evacuazione in maniera adeguata. Si teme che i terremoti possano aumentare la propria potenza distruttiva, comportando ben più di qualche crepa. Sappiamo che il bradisismo costante è provocato dalla risalita dei fluidi, ma cosa vuol dire nello specifico?

La situazione dei Campi Flegrei

È importante capire il perché di questo incredibile risveglio dei Campi Flegrei. Dormiente come il Vesuvio, questo vulcano ha di colpo ripreso a far sentire la propria presenza con un bradisismo costante e allarmante. I cittadini dell’area sono ben abituati alla convivenza, spesso affascinante. Dai fumi bollenti provenienti dal terreno al distintivo odore di zolfo. Nulla però in confronto con eventi di magnitudo 4.0.

Le scosse sono ravvicinate e potenti, spesso, anche se per fortuna la loro durata è minima. Per far capire la gravità della situazione, il 27 settembre è stata registrata una scossa di magnitudo 4.2, che è la più violenta degli ultimi 40 anni. Tutto ciò è connesso alla risalita dei fluidi, della quale ha parlato nel dettaglio il dottor Roberto Isaia, vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV.

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Campi Flegrei: parla l’esperto

Intervistato da Fanpage, il dottor Isaia ha provato a fare chiarezza, informando e tranquillizzando, laddove possibile, i cittadini. Tutto ha avuto inizio con alcune variazioni minime nella composizione dei gas delle fumarole dei Campi Flegrei. Ci sono dunque stati segnali di attivazione del sistema. Ha poi avuto inizio la deformazione, che ora procede lenta nel tempo, rallentando e accelerando. Ciò mette in crisi la parte crostale superficiale, dove si accumula il gas che va in pressione.

Il motore di tutto è sempre il magma”, ha spiegato l’esperto. I Campi Flegrei sono un vulcano attivo, nello specifico una caldera, che nel tempo ha emesso discreti volumi di magma. Ce n’è un accumulo in profondità, che si ferma a un certo punto, facendo risalire questi fluidi. Questi stazionano e vengono alimentati in qualche maniera, essendoci movimento magmatico in profondità: “L’apporto di questi fluidi magmatici crea le condizioni affinché spingano sulla roccia più superficiale, poi deformata, con cambiamenti per le condizioni superiori. A quel punto inizia la crisi bradisismica vera e propria”. Ad oggi gli esperti sono abbastanza certi che si tratti di fluidi e non di magma vero e proprio, anche se tale ipotesi non può essere del tutto esclusa. Si tende ad allontanare questa ipotesi perché i segnali in superficie avrebbero dovuto essere molto più importanti.

Giunge poi la domanda cardine: c’è da preoccuparsi? Sarà necessario evacuare? Tutto dipende dal monitoraggio dei dati, ovviamente. Attualmente i Campi Flegrei sono in zona gialla, perché i parametri erano già mutati. Il cambiamento di colorazione è avvenuto ormai nel 2012. L’INGV non registra grandi variazioni che, dovessero presentarsi, farebbero scattare l’allerta arancione. A quel punto la responsabilità sarebbe politica e non scientifica. Per fortuna, ad oggi, siamo lontani dai tassi bruschi del passato, ma la situazione dovrà essere monitorata costantemente, nella speranza che i tassi di deformazione non mutino bruscamente.

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