Cosa sappiamo sull'Asteroide arrivato sulla Terra
La NASA sta analizzando frammenti dell'asteroide Bennu: gli scienziati credono che possa svelare dettagli cruciali sull'origine della vita sulla Terra
La NASA sta conducendo delle analisi preliminari sui resti dell’asteroide Bennu che sono giunti sulla Terra. Non è affatto un caso che siano arrivati fin da noi, dal momento che questo era uno degli obiettivi della missione OSIRIS-Rex, avviata nel 2016. La speranza, ora, è quella di riuscire a ottenere risposte valide sull’origine della vita sulla Terra. Si punta a scoprire com’era il nostro sistema solare al tempo in cui il nostro pianeta non era ancora del tutto formato. In pochi frammenti si racchiude la nostra storia.
Asteroide Bennu
Quando si parla di asteroidi, come nel caso di Bennu, ormai già celeberrimo si fa riferimento a corpi spaziali che gravitano nel sistema solare. Le loro dimensioni sono ben inferiori rispetto a quelle dei pianeti, sia chiaro, e le forme sono del tutto irregolari. Sono frammenti a tutti gli effetti, per quanto giganteschi.
Studi scientifici evidenziano come si tratti di ciò che resta del “disco protoplanetario”. Parliamo dell’ammasso di polveri e gas in orbita intorno al Sole, dal quale si formarono Terra e altri pianeti del sistema solare, ormai miliardi di anni fa.
Tenendo bene a mente questa premessa, è facile capire come in asteroidi come Bennu sia possibile rintracciare elementi cardine per comprendere il processo di creazione della vita. Si tratta di una vera e propria capsula del tempo, per usare le parole dello scienziato a capo di OSIRIS-Rex, Dante Lauretta.
L’intero processo di invio sulla Terra e di analisi è stato condotto con un chiaro concetto in mente: evitare la contaminazione. Per questo è stato sfruttato un enorme contenitore sigillato, costruito appositamente per tutelare i campioni al suo interno. Nessuna sostanza di origine terrestre può contaminare questi frammenti, dal momento che ciò manderebbe in fumo l’intero progetto scientifico.
All’interno della scatola
Quando gli scienziati hanno avuto la chance di analizzare i resti di Bennu, si sono resi conto che nella scatola enorme erano presenti più dei 60 grammi di rocce previsti. Si è aggiunta della polvere dell’asteroide, così come dei piccoli pezzi di roccia posti al di fuori del contenitore interno.
Tutto ciò è diventato elemento di studio, a partire dalla polvere, pari a 1.5 grammi di materiale. Grazie a un microscopio elettronico, e altre strumentazioni atte a stabilire gli elementi chimici, è stato scoperta una grande concentrazione di carbonio.
Perché ciò è così importante? Perché il carbonio è alla base di tutte le macromolecole biologiche, quelle fondamentali di cui sono fatti gli esseri viventi, umani e non solo. Individuate inoltre anche tracce d’acqua, il che potrebbe indicare la presenza della stessa anche prima della formazione completa della Terra.
Lo studio proseguirà per i prossimi due anni, con il 70% del campione Bennu che resterà al Johnson Space Center. Il resto verrà invece analizzato da circa 200 scienziati in giro per il mondo. Una minima parte, infine, sarà esposta per il pubblico, in versione temporanea, a Washington, Houston e Tucson.
Sappiamo, infine, che i resti di Bennu saranno confrontati con quanto raccolto dall’agenzia spaziale giapponese, JAXA, sull’asteroide Ryugu. Sono già note alcune differenze, come un minor quantitativo d’acqua sulla “roccia spaziale” in possesso del governo nipponico.