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C’è un problema più grande di quello che pensiamo con le bottiglie di plastica

Un nuovo studio lancia un allarme sulle micro e nanoplastiche: il danno provocato dall'acqua in bottiglia è più grave del previsto

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Una ricerca condotta dalla Columbia University svela come il problema della plastica sia ben più grave di quanto potessimo immaginare. Una singola bottiglia d’acqua, che generalmente tutti hanno consumato più volte nella propria vita, può contenere da 10 a 100 volte più microplastiche e nanoplastiche delle stime precedenti.

Sfruttata una nuova tecnologia che ottimizza le procedure di calcolo e classificazione di tali particelle, sulla base della loro composizione chimica. Con una versione aggiornata della spettroscopia Raman si è potuto misurare la vibrazione delle molecole all’esposizione alla luce. Tutto ciò per raccogliere informazioni biochimiche e raggiungere un esito più dettagliato possibile. Aggiornare il metodo vuol dire aggiungere un secondo laser, in questo caso. Ciò ha permesso di rilevare nanoparticelle mai tracciate in precedenza.

Il problema della plastica

In merito si è espresso il professore di chimica della Columbia University, Wei Min. Questi ha spiegato come la tecnica sia in grado di identificare e catturare immagini molto dettagliate di particelle, su una scala nanometrica. Bastano pochi microsecondi e i tessuti non subiscono danni di alcun genere.

Sono stati riconosciuti sette tipi di plastica nei campioni posti sotto analisi: poliammide, polipropilene, polietilene, polimetilmetacrilato, cloruro di polivinile, polistirene e polietilene tereftalato.

L’ipotesi iniziale era di poter individuare microplastiche provenienti principalmente da residui d’imballaggio in Pet, ma la sorpresa è stata grande: “Abbiamo scoperto che in una bottiglia d’acqua sono presenti differenti tipi di plastica, di diverse dimensioni. Le particelle di Pet sono le più grandi, mentre altre raggiungono i 200 nanometri, che è una misura molto più contenuta”. Ecco le parole di Naixin Qian, co-autore dello studio.

La plastica ordinaria individuata ammonta al 10% delle particelle trovate. La molecola prevalente è la poliammide, tipo di nylon che deriva dai filtri di plastica usati per purificare l’acqua prima di procedere all’imbottigliamento.

Lo studio nel dettaglio

Le analisi sono state condotte su acqua in bottiglia di tre marchi popolari negli Stati Uniti. Lo studio ha evidenziato come il numero di microplastiche in ogni litro vari da 110mila a 370mila, con una media di 25mila. Precedenti ricerche erano ferme alla soglia delle 300 microplastiche per litro.

Immediata la risposta dell’associazione di categoria, l’International Bottled Water Association. È stato spiegato come il metodo vada rivisto nel dettaglio dalla comunità scientifica, attraverso lo sviluppo di altri studi. In assenza di tecniche standard per identificare e misurare le nanoplastiche nell’ambiente “le notizie riportate dai media non fanno che spaventare inutilmente i consumatori”.

E per quanto riguarda gli effetti sulla salute? La maggior parte degli studi condotti in materia di microplastiche si concentrano sull’impatto sugli ecosistemi acquatici. Greenpeace ritiene che il 60-80% dei rifiuti marini sia plastica.

Gli esperti sono sempre più preoccupati dalla presenza di tali particelle nell’atmosfera. Uno studio in Giappone ha evidenziato come le microplastiche siano presenti anche nelle nuvole. Evitando di fare facili allarmismi, evidenziamo soltanto una comprensibile preoccupazione del mondo scientifico, data l’estrema diffusione di plastica nel mondo, dunque anche nel cibo che consumiamo e nel nostro sistema circolatorio. Le nanoplastiche sono state associate nel tempo all’insorgere di danni cerebrali. In alcuni roditori ha generato rigonfiamento del cervello dei mammiferi, riducendo la quantità di proteina fibrillare acida della glia (Gfap). Perché ciò è rilevante? Perché bassi livelli di tale molecola sono associati alle prime fasi di importanti malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer.