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SCIENZA

Rischio idrologico in Italia, la mappa delle zone classificate con "pericolosità elevata"

Dati, studi e ricerche attestano che l'Italia è un Paese ad alto rischio idrologico e idrogeologico: si possono individuare regioni soggette ad alluvioni da nord a sud

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L’Italia, a causa della sua conformazione geografica, è particolarmente vulnerabile agli eventi alluvionali. Il rischio idrologico è amplificato non solo da cause naturali, ma anche dall’impatto delle attività umane.

Secondo l’Ispra, circa il 14% del territorio nazionale è soggetto a pericolo alluvioni e, negli ultimi anni, abbiamo assistito a numerosi casi di questo tipo: ben 510 censiti da Legambiente dal 2010 al 2022.

Il rischio idrologico sul territorio italiano

Le alluvioni sono da considerarsi eventi naturali, frutto di fenomeni quali l’esondazione dei corsi d’acqua o del mare che sommergono aree normalmente asciutte. Questi avvenimenti, insieme a frane e valanghe, rappresentano un rischio idrogeologico rilevante per il territorio. Tuttavia, l’aumento della loro frequenza e intensità è legato in gran parte alle attività umane, come l’eccessivo consumo del suolo e il cambiamento climatico.

L’usura del suolo, in particolare, rende il terreno impermeabile, riducendone la capacità di assorbire l’acqua e conducendo al rischio idrologico. Le alterazioni del clima, invece, portano a precipitazioni più intense e all’innalzamento del livello del mare. Di conseguenza, non solo gli ecosistemi subiscono gravi danni, ma anche le comunità locali, con infrastrutture e abitazioni danneggiate ed effetti economici significativi.

L’Italia è geograficamente predisposta a essere colpita da alluvioni, a causa della limitata capacità del territorio di contenere le esondazioni, aggravata dalla presenza di montagne e dalla vicinanza al mare. La Protezione Civile indica la crescente antropizzazione del territorio e la sua impermeabilizzazione tra le cause principali dell’aumento della frequenza di questi fenomeni.

L’Ispra, inoltre, ha mappato il rischio di alluvione suddividendolo in tre scenari in base alla gravità: alto, medio e basso. Troviamo, pertanto, lo scenario di rischio alto, che comprende le aree soggette a eventi con una frequenza compresa tra i 20 e i 50 anni, il medio tra i 100 e i 200 anni, mentre lo scenario di rischio basso considera eventi meno probabili, con un tempo di ritorno superiore ai 200 anni. Secondo questi dati, il 14% del territorio italiano è a rischio di alluvione: si tratta di un’area che corrisponde a oltre 42.000 chilometri quadrati. Il 10% del territorio è classificato a rischio medio, mentre il 5,4% è a rischio elevato.

Le regioni più esposte alle alluvioni

L’esposizione al rischio idrogeologico varia notevolmente da una regione all’altra. Alcune zone dell’Emilia-Romagna risultano particolarmente vulnerabili, con oltre il 99% del territorio esposto alle alluvioni. In queste aree, la complessa rete di canali e corsi d’acqua minori, unitamente a terreni depressi e tratti fluviali arginati, contribuisce a elevare il pericolo.

Poi c’è il Veneto, dove si registra il 32,2% del territorio a rischio. Un’altra regione particolarmente esposta è la Calabria, che detiene il primato per la percentuale di territorio classificato a rischio elevato, con circa il 17% della sua superficie regionale.

Il pericolo di alluvione è un problema particolarmente rilevante anche a livello provinciale e nelle città metropolitane. Ferrara è la provincia più esposta, con il 99,9% del territorio a rischio, seguita da Rovigo con il 99,1%. Altre province particolarmente colpite sono Ravenna, Venezia, Mantova, Reggio Emilia e Bologna, tutte con più del 50% del loro territorio che potrebbe essere a repentaglio in presenza di forti e prolungate piogge.

Al contrario, solo sette province, tra cui Palermo e Messina, mostrano percentuali di rischio inferiori all’1%. Tra le città metropolitane, Venezia detiene il primato con il 66% del suo territorio a rischio, seguita da Bologna con il 50,3%.

I dati forniti da Ispra evidenziano chiaramente come il problema delle alluvioni in Italia sia articolato e distribuito in modo non uniforme su tutto il territorio nazionale.

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