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SCIENZA

Hanno scoperto un vulcano gigante su Marte che cambia ciò che sapevamo sul Pianeta Rosso

Un vulcano era nascosto su Marte: le sue dimensioni gigantesche e la storia delle sue modifiche nel corso del tempo stanno permettendo agli scienziati di approfondire ulteriormente l'evoluzione geologica del Pianeta Rosso

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Scoperto un vulcano su Marte Fonte foto: 123rf

Marte è uno dei pianeti più interessanti e al contempo enigmatici su cui l’essere umano è in grado di posare lo sguardo. Il panorama del Pianeta Rosso è desolato, roccioso e sabbioso ma non per questo è privo di sorprese, anzi. L’ultima in ordine di tempo è un vulcano gigante che per anni è rimasto nascosto in piena vista, per altro in una delle regioni più iconiche e prese in esame dalla comunità scientifica.

Sì, perché il vulcano in questione si trova appena a sud dell’equatore del pianeta, in quello che gli studiosi conoscono come Noctis Labyrinthus [Labirinto della Notte ndr]: un’area morfologicamente disordinata, caratterizzata dalla presenza di canyon e spaccature della crosta marziana che sembrano diramarsi lungo una serie di percorsi attorno ad agglomerati di terreno antichissimo. Ribattezzato Noctis proprio in onore dell’area in cui sorge, il vulcano gigante ha dei meriti inimmaginabili: rivela informazioni preziosissime sull’evoluzione geologica del pianeta.

La scoperta del vulcano gigante

Stando a quanto dichiarato dal dottor Pascal Lee, scienziato del SETI Institute e del Mars Institut e responsabile del ritrovamento del vulcano (e del conseguente studio), la scoperta è avvenuta assolutamente per caso.  Il dottor Lee e il suo team stavano infatti analizzando un’area specifica del Noctis Labyrinthus dove lo scorso anno erano stati rinvenuti i resti di un ghiacciaio, quando si sono resi conto che c’era qualcosa di già "visto" nei dati che gli strumenti a loro disposizione stavano restituendo.

Quel qualcosa erano una serie di valori simili in tutto e per tutto a quelli di altri tre famosi vulcani giganti del Pianeta Rosso: Ascraeus Mons, Pavonis Mons e Arsia Mons. Preso atto di questi valori, gli scienziati hanno svolto un’ulteriore analisi e si sono resi conto che il "miscuglio" di altipiani e canyon stratificati che stavano analizzando era proprio un vulcano di dimensioni colossali, con un’area sommitale centrale caratterizzata da diverse superfici rocciose sopraelevate che formavano un arco e poi digradavano verso il basso.

Le analisi su Noctis

Quando la squadra di scienziati ha capito di aver scoperto un vulcano, le analisi si sono ovviamente intensificate. Partendo da quella che doveva essere la bocca del vulcano, gli studiosi hanno rilevato una serie di pendii che sembrano estendersi per circa 225 chilometri in diverse direzioni lungo Marte. Non solo: hanno anche individuato un residuo di caldera, ovvero i resti di un cratere vulcanico che un tempo ospitava un lago di lava e che, secondo le analisi, sarebbe in qualche modo collassato su sé stesso.

Ulteriori studi e approfondimenti hanno anche mostrato le tracce di colate laviche, di depositi piroclastici (ceneri, pomice e tefra) e di depositi minerali. Ancora, il team del dottor Lee ha rilevato un gran numero di tumuli bassi, arrotondati e allungati, simili a vesciche. Questi tumuli sono stati probabilmente prodotti dallo scarico di vapore esplosivo conseguente a uno specifico tipo di contatto: quello con una superficie ricca di acqua o di ghiaccio.

Marte tra ghiaccio e fuoco

I tumuli potrebbero anche testimoniare che sotto i depositi piroclastici e minerali potrebbero ancora essere presenti dei residui di ghiaccio, probabilmente strettamente connessi a quelli del ghiacciaio rinvenuto lo scorso anno. Se così fosse il connubio tra il vulcano gigante, che per altro risulta estremamente eroso, e l’esistenza del ghiaccio, aprirebbe la strada a nuove possibilità, che dipingono Marte in modo molto diverso da quello ipotizzato finora.

Gli scienziati ipotizzano ormai da molto tempo che prima l’acqua scorresse su Marte, ma la scoperta del vulcano gigante e la presenza di ghiaccio nascosto potrebbero introdurre nella storia evolutiva del pianeta una nuova era geologica che, a sua volta, potrebbe rendere più chiari i mutamenti avvenuti su tutta la superficie marziana.