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Come funziona il software che legge nella mente e scrive i tuoi pensieri

Capace di rivoluzionare la vita dei pazienti diversamente abili, crea frasi che immaginiamo di scrivere a mano: come funziona il software che legge nella mente.

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Come funziona il software che legge nella mente e scrive i tuoi pensieri Fonte foto: 123RF

L’invenzione degli scienziati della Stanford University della California ha indubbiamente caratteristiche rivoluzionarie. E infatti promette di essere una soluzione in grado di cambiare completamente la vita alle persone che hanno perso la capacità di esprimersi, a causa di lesioni o malattie. Si tratta di un congegno in grado di tradurre i pensieri in testo, grazie all’impiego di un’interfaccia cervello-computer (brain-computer interface, BCI) collegata a un software di intelligenza artificiale.

Come funziona Mindwriting, che capisce ciò che immaginiamo di scrivere a mano

A farne uso è stato un soggetto affetto da paralisi totale del corpo da dieci anni (che gli autori dello studio hanno denominato T5), età di circa 60 anni. I risultati dell’esperimento, pubblicati sulla rivista scientifica Nature, sono stati sorprendenti: Mindwriting, questo il nome del programma (in italiano si traduce come “scrittura mentale”) è stato in grado di mettere nero su bianco, su uno schermo, 18 parole al minuto, che T5 ha immaginato di scrivere a mano libera. Un termine di paragone eloquente sono le 23 parole al minuto trascritte in media da un individuo normodotato. Una soglia alla quale Mindwriting si avvicina in maniera sorprendente.

Nel caso del pensiero libero, la frequenza di trascrizione è stata leggermente inferiore, a causa delle pause di riflessione necessarie a elaborare i concetti: in questo caso, la velocità media di composizione di T5 è stata di 15 parole al minuto. Si tratta di una rapidità doppia rispetto a quanto consentito dalle strumentazioni già a disposizione. Ed è la prima volta in cui gli scienziati sono riusciti a creare delle frasi accurate per il 94% a partire dall’attività cerebrale collegata al processo di scrittura a mano libera.

Perché dobbiamo continuare a implementare la tecnologia del programma che legge nella testa (e come)

Per Frank Willet della Stanford, i risultati dell’esperimento aprono la strada a ulteriori campi di ricerca, focalizzati sul pensiero collegato al processo di scrittura a dieci dita su tastiera o sui tentativi di parlare dei pazienti che hanno perso la propria voce (attenzione, nel caso in esame, T5 deve immaginare di scrivere a mano, quindi non è esattamente la stessa cosa).
“Invece delle lettere, l’algoritmo individua le sillabe, o piuttosto i fonemi, l’unità fondamentale del linguaggio”, ha chiarito Willet.

Sono milioni le persone che hanno perso l’uso degli arti superiori, incapaci di esprimere un pensiero per iscritto a causa di incidenti o malattie, come ictus, sclerosi laterale amiotrofica o lesioni del midollo spinale. A loro è dedicato il promettente lavoro degli ingegneri di Stanford.

La ricerca in ambito informatico ha raggiunto anche altri traguardi: ad esempio il software che si autodistrugge (qui il motivo per cui è importante) e quello in grado di guidare un’auto.

Giuseppe Giordano

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