Abbiamo un problema con il vino, la frutta e i pomodori in Italia
Danni consistenti e rischi drammatici: la crisi climatica sta avendo gravi conseguenze anche su alcuni dei nostri prodotti più importanti
Il nostro pianeta sta soffrendo, eppure noi continuiamo a far finta di nulla. Mentre la Terra urla di dolore, lanciando tutti i segnali possibili per sottolineare il suo stato di tribolazione, noi sembriamo continuare a voler volgere altrove lo sguardo. Eppure presto, molto presto, la situazione potrebbe degenerare al punto da metterci in seria difficoltà dal punto di vista alimentare.
Ebbene sì: ciò che oggi ci sembra ovvio, quasi dovuto, in un futuro non troppo lontano potrebbe scomparire del tutto. Ad affermarlo sono non solo diversi studi a livello globale, ma anche una recente analisi più prettamente incentrata sulla nostra Penisola e portata avanti da Coldiretti su dati Prognosfruit, che mette a paragone i raccolti italiani del 2022 con quelli del 2023 e porta alla luce una serie di fattori e verità fortemente allarmanti.
Il cambiamento climatico e gli effetti sulle vigne
I fattori in questione sono tutti connessi al cambiamento climatico. L’instabilità del clima globale sta mettendo a dura prova anche quelle che, in passato, sembravano colture strettamente legate al territorio e pertanto inscindibili dalle zone di appartenenza. Un primo e chiarissimo esempio è il vino: ne avevamo già parlato in riferimento ai cibi a rischio estinzione per via della crisi climatica e ora i dati Prognosfruit confermano che l’uva e i vitigni in generale stanno subendo dei danni ingenti in Italia.
D’altro canto, gli effetti del cambiamento climatico sull’agricoltura erano in qualche modo prevedibili: la viticoltura è fortemente legata alle condizioni meteorologiche, perché temperature e regimi idrici sono fattori di base nel corretto sviluppo della pianta e nella nascita e maturazione dei frutti. Adesso, sia per via delle temperature sempre più alte che per via di tempeste e precipitazioni, l’Italia si ritrova nelle condizioni di poter perdere una delle sue bevande più caratteristiche.
La frutta, un tesoro che rischia di scomparire
Non è meno drammatica la situazione di altre colture di frutta. Sia a livello globale che a livello nazionale stiamo già assistendo a uno spostamento sempre più progressivo di quelle che prima erano coltivazioni tipicamente meridionali verso il Nord (in Sicilia si coltivano ormai agevolmente banane e avocado, in alcune aree delle Alpi hanno trovato casa e riparo gli ulivi), ma nell’ultimo anno Coldiretti ha anche osservato il taglio netto di alcune produzioni.
Un esempio lampante riguarda le pere: «Sul Pereto Italia si sono abbattute quest’anno gelate, ondate di calore, grandinate e nubifragi, compresa l’alluvione in Emilia Romagna, dove si produce quasi il 60% delle pere italiane. Questi frutti sono stati ritrovati ustionati dal caldo, annichiliti dal freddo o devastati dalla grandine e il raccolto complessivo è calato del 13% rispetto al 2022, cosa che fa sì che l’Italia ne perda la leadership produttiva nell’Unione Europea, dove lo scorso anno ben una pera su quattro era tricolore».
Il pomodoro e le altre colture a rischio
«Il crollo del raccolto di pere – continua Coldiretti – segna ulteriormente un’annata nera per l’agricoltura italiana dove, a causa dei cambiamenti climatici, quest’anno si registra un taglio del 10% della produzione di grano rispetto allo scorso anno. In più sono in difficoltà anche altre produzioni ortofrutticole bruciate dal caldo torrido, con ustioni che provocano perdite ingenti: parliamo di pomodori, melanzane, angurie, meloni e albicocche».
Ma caldo e freddo non sono gli unici problemi. Infatti, il cambiamento climatico incide anche sull’azione di diversi microrganismi che causano tossinfezioni letali o invalidanti alle colture: i rovesci intensi contribuiscono a sommergere i raccolti e promuovono una più ampia circolazione di batteri, che possono poi avere conseguenze sulla salute umana. Ancora, il riscaldamento globale favorisce l’invasione da parte di insetti alieni (come la Polilia Japonica o il verme martello) che distruggono ancora di più le aree coltivate.
La crisi climatica «non ha risparmiato neppure gli allevamenti – continua Coldiretti – con i picchi di calore che hanno causato un calo della produzione di latte fino al 10%. Le api, stremate dal caldo, non riescono neppure a volare, non svolgono più il prezioso lavoro di trasporto di nettare e polline e il raccolto di miele è sceso del 70%». Riusciremo a mettere fine a tutto questo?