Cosa ha causato le inondazioni a Dubai? L'assurda teoria sulle nuvole (smentita)
Il vero responsabile delle alluvioni negli Emirati Arabi Uniti e, nello specifico, a Dubai: ecco la verità sul cloud seeding
Delle alluvioni a Dubai si è parlato in tutto il mondo e, in alcuni casi, è stata tirata in ballo la tecnica del cloud seeding. Di fatto è stato ipotizzato che i danni provocati dalle piogge fossero una diretta conseguenza del ben noto progetto per indurre le precipitazioni. Una possibilità che gli esperti escludono. Ecco, dunque, cos’è realmente accaduto.
Cloud seeding: teoria smentita
In alcune zone degli Emirati Arabi Uniti sono stati superati i 250 millimetri di pioggia. È venuta giù dal cielo più acqua di quanta non ne cada in un anno nel Paese. Qualcosa di assolutamente insolito, in un territorio ben noto per le sue città nel deserto. Facile dunque il collegamento con il cloud seeding, ovvero la pratica di indurre le nuvole a produrre più pioggia, aggiungendo determinate sostanze.
Guardiamo nel dettaglio a questo processo. Ogni nuvola è composta da una serie di minuscole goccioline d’acqua. Queste provengono dai processi di evaporazione degli oceani, dei mari e, in generale di corsi d’acqua e tutta l’acqua presente sul suolo e sulle piante.
Sottoforma di vapore acqueo, il tutto viene trasportato nell’atmosfera dai venti. La pioggia si forma dunque quando le correnti ascensionali incontrano i nuclei di condensazione. Si fa riferimento a delle particelle capaci di assorbire le molecole d’acqua, fino a formare delle gocce, che precipitano al suolo per gravità.
Nel corso delle prime sperimentazioni si utilizzava il ghiaccio secco. Si passò poi allo ioduro di argento, per poi arrivare alle tecniche odierne, che sfruttano sali non inquinanti e più pratici da utilizzare.
Gli esperti del Centro nazionale di meteorologia (NCM) hanno smentito la possibilità che le alluvioni siano frutto del processo di cloud seeding. Di seguito spieghiamo la motivazione addotta a questa dichiarazione.
Come funziona il cloud seeding
Prima o durante le grandi piogge non sono state svolte attività di questo genere. Ecco il chiarimento di Omar Al Yazeedi, direttore generale di NCM: “Il punto chiave del cloud seeding consiste nel prendere di mira le nuvole nei primi stadi, ovvero prima che si verifichino le precipitazioni. Procedere con attività di inseminazione durante una tempesta molto forte sarebbe del tutto inutile”.
Si procede con il cloud seeding in relazione a nuvole che, altrimenti, non produrrebbero pioggia o forse molto poca. In nessun caso si opera su sistemi nuvolosi più complessi e instabili. Le prime sperimentazioni portarono a ipotizzare l’impiego di tale sistema per la produzione di grandi eventi atmosferici. È però divenuto chiaro come l’impatto dell’inseminazione sia limitato, dunque incapace di modifiche complesse alle perturbazioni.
Sugli Emirati Arabi Uniti e in particolare Dubai si è scatenato un fronte nuvoloso anomalo, che in poco tempo ha scaricato grandi quantità di pioggia. In questo scenario il cloud seeding sarebbe risultato irrilevante.
Cosa ha scatenato tutto questo, allora? Lo scienziato del clima Daniel Swain ne ha parlato al Guardian: “Probabilmente il cloud seeding non ha avuto un ruolo in tutto questo. Possibile che lo abbia avuto invece il cambiamento climatico”. Anche Paesi come gli Emirati Arabi Uniti sono vittima dell’impatto del surriscaldamento globale, reo di potenti eventi atmosferici improvvisi e devastanti. Si attendono i risultati, nelle prossime settimane, di studi approfonditi per indicare una causa certa e specifica.