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C'è una nuova teoria su cosa ha causato davvero il blackout in Europa

Un’interruzione elettrica senza precedenti ha lasciato al buio Spagna, Portogallo e parte della Francia: ora una nuova ipotesi punta il dito non su guasti o attacchi, ma su un eccesso di energia pulita

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Il Blackout in Europa Fonte foto: iStock

È successo all’improvviso: le luci si sono spente contemporaneamente in milioni di case, i treni si sono fermati sulle rotaie, i semafori hanno smesso di battere il tempo delle città. A Madrid si è cenato a lume di candela, ma non per romanticismo: in un attimo, la Penisola Iberica è sprofondata nel buio. È stato il peggior blackout in Europa degli ultimi vent’anni, un evento raro, enorme, difficile da spiegare.

E infatti, ancora oggi, nessuno sa con certezza cosa lo abbia provocato. All’inizio si è parlato di un fenomeno atmosferico anomalo, poi si è accennato a possibili guasti tecnici, perfino a un cyberattacco. Ma nelle ultime ore è emersa una nuova ipotesi. Non è ancora confermata, ma ha a che fare con qualcosa di cui si vorrebbe parlare solo con entusiasmo: l’energia pulita.

Le caratteristiche del blackout in Europa

Lunedì 28 aprile 2025, intorno alle 12:30, ampie aree di Spagna e Portogallo e alcune regioni del sud della Francia sono rimaste senza corrente. Si è parlato di almeno 55 milioni di persone coinvolte con disagi immediati e generalizzati: non solo si è scatenato il caos nelle aree metropolitane per via delle interruzioni dei trasporti, ma anche i servizi di comunicazione (dalle linee mobili alle connessioni internet) sono saltati in molte aree, isolando moltissimi individui.

Non solo: gli ospedali sono stati costretti a ricorrere ai generatori di emergenza, così come molte aziende e imprese di beni di prima necessità. A rendere ancora più drammatica la situazione era l’incertezza: per ore, nessuno ha saputo spiegare davvero cosa stesse succedendo. Inizialmente si è parlato di un “fenomeno atmosferico raro”, una sorta di vibrazione che ha provocato oscillazioni anomale nei cavi ad alta tensione, ma a seguire sono state escluse condizioni meteo straordinarie.

Nel frattempo, sia il governo portoghese che quello spagnolo hanno cassato l’ipotesi di un attacco informatico o un atto ostile. La teoria più accreditata, nelle prime ore, è rimasta quella di un guasto nei sistemi di trasmissione ad alta tensione. Adesso, però, una nuova spiegazione si sta facendo strada tra gli esperti: il blackout potrebbe essere stato provocato da un crollo improvviso della produzione fotovoltaica nel sud-ovest della Spagna, una delle aree con la più alta concentrazione di impianti solari d’Europa.

La nuova teoria

Secondo quanto riportano diversi quotidiani, fra cui il The Guardian,  il primo shock alla rete sarebbe stato proprio una perdita repentina di energia da parte degli impianti solari, che avrebbe innescato un effetto domino sul resto del sistema. Ma cosa può causare un crollo così netto? I motivi possono essere diversi: una nuvolosità improvvisa su vasta scala, un guasto tecnico generalizzato, o addirittura un errore nei sistemi di regolazione automatica.

La rete, infatti, è programmata per reggere una perdita singola, ma non a due o tre eventi contemporanei. E proprio questo potrebbe essere accaduto: una sequenza di distacchi quasi simultanei che ha superato la soglia di sicurezza e ha fatto precipitare la frequenza della rete al di sotto dei 50 Hz, costringendo le centrali a staccarsi automaticamente per evitare danni.

Ciò che rende questa teoria particolarmente interessante è un dato tecnico: negli stessi giorni precedenti al blackout, la produzione rinnovabile in Spagna aveva raggiunto picchi altissimi, con punte dell’80% del fabbisogno coperto da fonti solare ed eolica. È quindi plausibile che il sistema, già molto carico e poco “ammortizzato” da fonti stabili come gas o nucleare, sia entrato in una fase di instabilità estrema, culminata nella disconnessione generale.

Le energie rinnovabili e il sovraccarico

Chiaramente, il problema non è tanto la presenza delle rinnovabili in sé, quanto il fatto che non producono inerzia, quella “massa rotante” che le vecchie centrali termoelettriche forniscono automaticamente e che aiuta la rete a resistere ai piccoli scossoni. Quando la frequenza cambia troppo in fretta e non c’è inerzia sufficiente a stabilizzarla, il sistema entra in crisi.

E se, nel frattempo, mancano tecnologie compensative (come batterie o inverter “grid-forming”), la caduta è inevitabile. La domanda adesso è: le energie rinnovabili possono davvero mettere a rischio la stabilità della rete? La risposta, come spesso accade, non è né sì né no. È: dipende da come viene costruita e gestita quella rete.  Sole e vento, d’altronde, sono abbondanti, ma anche imprevedibili.

Per evitare che eventi simili si ripetano, la soluzione non è certo rallentare la transizione ecologica, ma piuttosto modernizzare le reti. Rendere l’infrastruttura elettrica più flessibile, capace di reagire agli sbalzi. In questo senso, il blackout iberico non è stato un semplice incidente: è stato un segnale. Ci ricorda che la transizione energetica va progettata con la stessa cura con cui si costruisce una diga: ogni dettaglio conta, perché l’energia non basta produrla, bisogna anche saperla trasportare, equilibrare, difendere. E farlo senza perdere di vista il fine ultimo: un sistema più pulito, ma anche più sicuro.