Libero
SCIENZA

Dove le spiagge di sabbia bianca rischiano davvero di sparire per sempre

L'accumulo di alghe sargassum sta mettendo in pericolo la salute e l'economia dei Caraibi: ecco cosa sta succedendo e perché

Pubblicato:

Le celeberrime spiagge di sabbia bianca dei Caraibi sono soffocate da enormi blocchi di alghe. Si tratta nello specifico della tipologia sargassum, esplose in numero a causa dell’inquinamento che si riversa nell’oceano dai fiumi delle Americhe e dell’Africa. Non una problematica recente, di certo, essendo esplosa nel 2011. Da allora le cose sono peggiorate e il 2024, stando alle previsioni, promette d’essere un anno tremendo.

L’alga sargassum

Il nome di quest’alga deriva, com’è facile intuire, dal Mar dei Sargassi. Quest’ultimo viene spesso definito una foresta pluviale dorata e galleggiante. Ciò proprio per la massiva presenza dell’alga sargassum, così come per la gran varietà di vita marina che ospita.

Questa non rappresenta di per sé una problematica. È facile comprenderlo dal momento che esiste in questa parte del mondo da secoli. Offre inoltre cibo e habitat alla fauna oceanica, il che comprende specie minacciate.

Il problema è rappresentato dall’intervento dell’uomo, che ha reso le condizioni del mar dei Caraibi tutt’altro che normale nel corso dell’ultimo decennio. Dal 2011 si sono arenate sempre più alghe sargassum sulle isole caraibiche. Ciò comporta enormi ammassi puzzolenti di alghe ormai morte. Una condizione peggiorata a tal punto che il NOAA ha creato un vero e proprio indice di rischio settimanale, con riferimento alle inondazioni di sargassum. Con i dati forniti, il 2024 non rientra di certo tra i migliori anni possibili sotto quest’aspetto.

Il problema dell’inquinamento

Alla base dell’invasione di alghe sargassum c’è l’inquinamento dei mari, cui gli stessi Caraibi hanno contribuito in minima parte. Il rilascio del deflusso di fertilizzanti e acque reflue industriali nei fiumi ha alterato negli anni il ciclo dei nutrienti. Tutto ciò invia fosfati e nitrati lungo i sistemi fluviali, raggiungendo infine gli oceani.

Anni di allevamenti intensivi, disboscamento e aumento dei processi industriali agricoli lungo il Rio delle Amazzoni sono di certo parte integrante del problema. Altro colpevole da additare è il Mississippi, che trasporta affluenti nel Golfo del Messico. Acque ricche di nutrienti da aziende agricole e industrie.

Guardando all’Africa, invece, il fiume Congo trasporta sostanze inquinanti nell’oceano a causa della deforestazione. Inoltre le foreste in fiamme possono fornire nutrienti, quali fosforo, azoto e ferro, che alimentano ulteriormente la formazione e crescita delle alghe.

I rischi

Il sargassum marcisce in tempi molto rapidi, una volta incagliatosi a riva. Entro 48 ore ha inizio il processo di degradamento, il che rilascia idrogeno solforato e ammoniaca nell’aria. Gas che a certe concentrazioni diventano tossici, per l’ambiente marino e anche per la salute umana.

È stato infatti segnalato un numero crescente di disturbi neurologici, respiratori e digestivi. Il tutto in associazione proprio a tali emissioni da parte delle alghe accumulatesi a riva ai Caraibi. Nel corso degli ultimi anni l’Istituto di monitoraggio della qualità dell’aria della Guadalupa, Gwad’Air, ha emesso differenti allarmi rossi. Ciò proprio a causa dei livelli pericolosi di idrogeno solforato emessi dall’alga in fase di decomposizione. Ecco i sintomi più comuni:

  • mal di testa;
  • vertigini;
  • dolori addominali;
  • tosse;
  • eruzioni cutanee;
  • disturbi agli occhi;
  • effetti sull’umore.

Libero Shopping