Gli scienziati hanno rivelato il volto della massiccia ed estinta “giga-oca” australiana
Tutto quello che sappiamo dei resti della "giga-oca" ritrovata: un esemplare unico, ricercato per più di un secolo
Un team di ricercatori australiani ha effettuato una scoperta che ha del clamoroso. È stato infatti ritrovato il cranio fossile intatto (quasi del tutto) di un uccello preistorico dalle enormi dimensioni. Ha già un nomignolo divenuto virale nell’ambiente, “giga-goose”, letteralmente giga-oca.
Un secolo di ricerche
Non si è trattato di un colpo di fortuna, tutt’altro. Il ritrovamento di un cranio fossile intatto di Genyornis newtoni è il risultato ottenuto dopo più di un secolo di ricerche estenuanti. Un premio, il gigantesco uccello preistorico, che i ricercatori avranno ora modo di studiare nel dettaglio.
Vissuto fino al Pleistocene, ha occupato il territorio australiano. Becco enorme, con dei tratti in comune a quelli di un’oca, con le dovute differenziazioni. Per questo motivo gli esperti hanno pensato al soprannome giga-oca. È una specie di dromornitide, della famiglia Dromornithidae, e si è estinto circa 50mila anni fa, dopo l’arrivo degli esseri umani in questa parte di mondo.
Incapace di spiccare il volo, questa antica specie ha subito enormemente le trasformazioni avvenute nelle zone umide. Il vero colpo di grazia, però, è stato dato dall’uomo. Siamo stati noi a decretarne la scomparsa.
I nostri antenati, infatti, senza alcun riguardo per la specie, facevano incetta di uova, uccidendo a più non posso gli esemplari adulti. Divorati fino all’estinzione, è il caso di dire. Una storia dai tratti comuni a tante altre, come la tigre della Tasmania o il dodo.
La scoperta del cranio
Il grandioso evento, ovvero il ritrovamento ormai insperato, è avvenuto nel 2019 nel lago Callabonna. Si tratta di un bacino salato che nel corso del Cenozoico rappresentava il cuore di una vasta area umida colma di vita.
A descrivere i dettagli del cranio sono stati gli scienziati australiani Phoebe L. McInerney, Jacob C. Blockland e Trevor H. Worthy, dell’Università Flinders di Adelaide. Perché le ricerche si sono concentrate proprio in questo luogo? È tutto merito dei documenti storici in possesso degli scienziati. La presenza di questi fossili è stata segnalata per la prima volta nel 1872. Il lago Callabonna è dunque divenuto un interessante sito paleontologico.
Soltanto nel 2019, però, si è riusciti a riportare alla luce un esemplare di uccello del tuono (così chiamato, o anche mihirung) integro. A dire il vero si tratterebbe del secondo mai rinvenuto. Il primo risale al 1913 ma si trattò allora di una spedizione poco fortunata. Il cranio si rovinò in maniera irrimediabile dopo il prelievo.
La parte più interessante del cranio è senza dubbio rappresentata dal gigantesco becco. L’apertura è a pappagallo ma l’aspetto, come detto, richiama quello di un’oca. Una vera e propria arma, da poter utilizzare tanto per difesa che per attacco.
Gli esperti però ritengono che fosse erbivoro e, dunque, quel becco aveva un utilizzo decisamente minore rispetto a quanto qualcuno possa pensare. Si stima che arrivassero a un peso di 230 kg, per un’altezza di 2 metri. Una vera e propria oca gigantesca, nulla da dire.
Nonostante ciò, non si trattava dell’uccello del tuono più grande del tempo. Dromornis stirtoni, vissuto prima dell’arrivo dell’uomo in Australia, raggiungeva infatti i 500 kg e superava i 3 metri d’altezza.