Si è verificata la più potente eruzione solare dal 2017
Il Sole è sempre più vicino al suo "massimo solare": la NASA ha registrato la più grande eruzione solare da sette anni a questa parte.
Il Sole ha scatenato una potente eruzione solare – X9.0 -, secondo i dati la più intensa degli ultimi 7 anni e, attualmente, anche la più intensa del Ciclo Solare 25, iniziato a dicembre 2019. È accaduto lo scorso 3 ottobre con picco alle 8:18 ET, fenomeno che è stato catturato dal Solar Dynamics Observatory della NASA.
La più grande eruzione solare degli ultimi 7 anni
Precedentemente, il brillamento più potente era stato registrato il 10 settembre 2017 (X11.9). Con X9.0 il nostro Sole ha raggiunto un nuovo “record”. I brillamenti solari o eruzioni solari sono intense esplosioni di radiazioni che emanano dal rilascio di energia magnetica associata alle macchie solari. Si tratta di uno dei fenomeni più potenti del nostro Sistema Solare, al punto tale da riuscire a rilasciare quantità di energia equivalenti all’esplosione di milioni di bombe all’idrogeno.
Cosa sono i brillamenti o eruzioni solari
L’ESA spiega nel dettaglio cosa si intende per brillamento o eruzione solare (solar flare): “Un’eruzione solare è una tremenda esplosione sul Sole che si verifica quando l’energia immagazzinata nei campi magnetici ‘contorti’ (solitamente sopra le macchie solari) viene improvvisamente rilasciata. Nel giro di pochi minuti riscaldano il materiale fino a milioni di gradi e producono un’ondata di radiazioni che attraversa tutto lo spettro elettromagnetico, dalle onde radio ai raggi X e gamma”.
In base alla loro luminosità massima nelle lunghezze d’onda dei raggi X osservate dai satelliti, gli scienziati classificano le eruzioni solari in cinque categorie (dalla più alla meno intensa):
- I flare di classe X: i più grandi, eventi di vasta portata che possono innescare blackout radio in tutto il mondo e tempeste radioattive di lunga durata nell’alta atmosfera;
- I flare di classe M: di medie dimensioni, provocano brevi blackout radio che interessano le regioni polari della Terra ai quali talvolta seguono tempeste di radiazioni minori;
- I flare di classe C: piccoli, con poche conseguenze evidenti sulla Terra (dieci volte meno potente di un flare di classe M);
- I flare di classe B: dieci volte più piccoli o più deboli dei flare di classe C;
- I flare di classe A: almeno dieci volte meno intensi dei brillamenti di classe B, non hanno conseguenze evidenti sulla Terra.
Quali sono le conseguenze
Un brillamento di classe X come l’ultimo registrato può determinare conseguenze visibili sul nostro Pianeta a cominciare dalla interruzione delle comunicazioni radio e satellitari. Non è detto, però, che si riescano a percepirne direttamente gli effetti.
Altri fenomeni visibili possono essere le aurore boreali alle latitudini settentrionali. L’aurora boreale non è una diretta conseguenza del brillamento solare, ma della cosiddetta espulsione di massa coronale (CME) da una macchia solare attiva, ovvero un mix di plasma e campi magnetici che – nel caso specifico – si dirigono verso la Terra. Non a caso, colpendo il nostro Pianeta tra il 4 e il 6 ottobre, si è innescata una tempesta geomagnetica con aurore diffuse, come già accaduto più volte nel solo 2024.
Il Sole si sta avvicinando a quello che viene definito il suo “massimo solare”, ovvero il momento in cui è più attivo in un ciclo di 11 anni. Non è così strano, dunque, che la Terra venga colpita con più frequenza da tempeste geomagnetiche e che, di conseguenza, aumenti nel corso dei mesi la possibilità di assistere al fenomeno dell’aurora boreale. Attualmente le previsioni dicono che il “massimo solare” si potrebbe verificare tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025.
Le “aurore boreali” in Italia
Nella notte tra il 10 e l’11 ottobre (e nella successiva) anche in Italia sono stati visibili fenomeni come le aurore boreali. O meglio, i cosiddetti SAR (Stable Auroral Red arcs): “Le aurore boreali si verificano con maggiore frequenza durante i periodi di alta attività solare (…). Sebbene possano verificarsi in qualsiasi periodo dell’anno, sono più visibili durante l’equinozio di primavera e d’autunno, quando la posizione della Terra e la geometria del suo campo magnetico favoriscono l’interazione con le particelle solari ha spiegato al Resto del Carlino l’astrofisico Leonardo Guerro, che ha aggiunto -. Tuttavia, a latitudini più basse come quelle italiane, le aurore boreali rimangono eventi rari e legati a tempeste geomagnetiche particolarmente intense. Alcuni esperti ritengono che molti avvistamenti, specialmente a latitudini più basse come quelle italiane, possano non essere vere aurore boreali, ma piuttosto fenomeni noti come Sar (Stable Auroral Red arcs). Questi archi aurorali stabili, di colore rosso, sono generati da processi differenti rispetto alle classiche aurore boreali, e tendono a manifestarsi durante tempeste geomagnetiche intense”.