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È arrivato qualcosa dallo Spazio grazie alla navicella spaziale Soyuz

La Soyuz MS-26 ha riportato esperimenti su materiali, piante e tecnologie idriche, essenziali per vivere e lavorare nello spazio

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C’è sempre qualcosa di speciale nel ritorno di una navicella spaziale: non è solo questione di tecnologie avanzate e calcoli precisi, ma di storie che viaggiano nel vuoto, attraversano l’atmosfera e atterrano sulla Terra cariche di scoperte, materiali e informazioni che hanno il potere di farci vedere un po’ più chiaramente attraverso i misteri dello spazio.

Di recente la navicella Soyuz MS-26 ha fatto proprio questo, toccando il suolo del Kazakistan dopo aver lasciato l’orbita terrestre. Ma cosa ha riportato esattamente questo piccolo, robusto veicolo dopo mesi in assenza di gravità?

La navicella Soyuz

Facciamo un passo indietro prima, però, per dire effettivamente cos’è la navicella Soyuz (o meglio: Soyuz MS-26). Si tratta di un veicolo russo composto da tre moduli principali (il modulo di comando, il modulo di servizio e il modulo di discesa) che prevedeva il trasporto di esseri umani e che è partito l’11 settembre 2024 dal Cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan.

Il suo equipaggio, composto dal comandante Alexey Ovchinin e dagli ingegneri di volo Ivan Vagner e Donald Pettit, ha raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in meno di tre ore, seguendo una traiettoria ultra-veloce di appena due orbite. Questa missione faceva parte dell’Expedition 72, un programma che non solo garantisce la manutenzione e l’operatività della ISS, ma apre anche a nuove frontiere per la ricerca scientifica.

Durante il loro tempo a bordo, i tre astronauti hanno condotto esperimenti critici per il futuro dell’esplorazione spaziale, spingendo al limite le nostre conoscenze su fenomeni come la crescita delle piante in condizioni estreme, la stampa 3D di metalli in microgravità e il comportamento del fuoco nello spazio.

Il rientro e il materiale raccolto

Il rientro della Soyuz MS-26 ha portato sulla Terra un vero tesoro: oltre all’equipaggio sano e salvo, infatti, sono approdati sul nostro pianeta anche i dati e i campioni raccolti durante mesi di ricerca. Tra questi, ci sono risultati preziosi su come le piante reagiscono a condizioni di microgravità e variazioni di umidità, informazioni davvero essenziali per le missioni a lungo termine verso Marte e oltre.

Inoltre, sono stati riportati esperimenti per migliorare le tecnologie di stampa 3D di metalli, un’innovazione che potrebbe rendere le future colonie spaziali più autosufficienti, e test per perfezionare i sistemi di purificazione dell’acqua, fondamentali per garantire la sopravvivenza degli equipaggi in missioni di lunga durata.

Esplorazioni e nuove indagini

Ma il viaggio della Soyuz MS-26 è solo un capitolo di una storia più grande. Mentre i dati e i campioni tornati sulla Terra vengono analizzati, le agenzie spaziali stanno già pianificando le prossime missioni: tra gli obiettivi futuri ci sono la costruzione di basi permanenti sulla Luna, missioni umane verso Marte e lo sviluppo di tecnologie avanzate per rendere l’esplorazione spaziale più sicura ed efficiente.

La ricerca sui materiali e la biologia in condizioni di microgravità rappresenta un tassello fondamentale per prepararsi a queste sfide, aprendo la strada a una nuova era dell’esplorazione umana. Le informazioni raccolte da missioni come questa saranno essenziali per affrontare le incognite del cosmo e rendere possibile un futuro in cui vivere e lavorare nello spazio diventi parte della nostra realtà quotidiana.