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Dove c'è più oro in Italia: ci sono dei veri e propri tesori sotto terra

Sapevate che in Italia ci sono alcuni preziosissimi giacimenti d’oro? Nonostante si sappia dove si trovano, non vengono più sfruttati: ecco perché.

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Un tempo, la caccia all’oro era una delle attività più proficue per i tanti esploratori che trascorrevano persino interi mesi nei posti più remoti della terra, nella speranza di diventare ricchi. Oggi non è più così, ci sono giacimenti ben segnalati che vengono sfruttati in maniera ben più “scientifica”, non lasciando nulla al caso. Anche in Italia ci sono diversi filoni auriferi ben nascosti sotto terra, in quantità che potrebbero sembrarci fin troppo interessanti. Eppure nessuno li sfrutta più, come mai? Scopriamolo insieme.

I giacimenti d’oro in Italia: dove si trovano

Sapete dove si trova il più grande giacimento d’oro d’Italia? È nascosto nelle viscere del Monte Rosa, un enorme massiccio montuoso appartenente alle Alpi diviso tra il nostro Paese (in Piemonte e in Valle d’Aosta) e la Svizzera. In particolare, sono alcune delle vallate adiacenti ad essere ricche di questo prezioso elemento: luoghi come la Valle Anzasca o la Valle Antrona possiedono filoni auriferi di tutto rispetto. Non si parla infatti di un unico giacimento, bensì di un “distretto aurifero” sparso in varie località.

Questi giacimenti si sono formati nel corso dei millenni. Le rocce, fratturandosi in profondità, liberano fluidi caldi contenenti – tra gli altri elementi – anche una buona quantità d’oro. Una volta raffreddatisi, i fluidi lasciano precipitare l’oro che forma dei depositi, dando vita a quelli che conosciamo come filoni (o vene) auriferi. In realtà, l’oro difficilmente è puro: lo si trova piuttosto associato ad altri minerali, come pirite e arsenopirite, che possono rappresentare un problema nel momento della lavorazione.

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Perché nessuno sfrutta più i giacimenti d’oro

Se sappiamo che il Monte Rosa e le sue vallate sono ricche d’oro, come mai nessuno cerca più di sfruttare questi filoni? Le motivazioni sono complesse e si può parlare di un insieme di fattori che rende davvero scoraggiante proseguire con l’attività estrattiva. Quest’ultima ha avuto inizio, nelle Alpi piemontesi e valdostane, già nel corso del ‘200. Solo un paio di secoli fa, tuttavia, grazie anche allo sviluppo di strumenti sempre più adeguati, si è toccata la massima produzione – si parla di circa 200 kg d’oro ogni anno.

Nel corso del ‘900 sono iniziati i primi problemi: i filoni superficiali erano ormai stati sfruttati al massimo, e quelli in profondità erano difficilmente raggiungibili. Inoltre, l’oro risultava essere abbinato a maggiori quantità di arsenico, che rendeva più complesso il suo trattamento. Con lo scoppio delle due guerre mondiali e alcuni drammatici incidenti avvenuti nelle miniere, all’inizio della seconda metà del secolo si è deciso di chiudere i battenti. Oggi non restano che tracce delle antiche miniere, dove si possono visitare musei che raccontano la loro storia.

E oggi, che abbiamo tecnologie più avanzate, non potremmo riprendere l’attività estrattiva? Dietro questa possibilità ci sono moltissimi studi, i quali rivelano che i costi per effettuare nuovi impianti (molti dei quali dovrebbero essere oltre i 2.000 metri di quota), l’impatto ambientale e lo scarso valore di mercato rendono ben poco produttivo riaprire le miniere. Senza contare che, in confronto ai più grandi giacimenti minerari del mondo come quelli che si trovano in Canada o in Australia, quelli sul Monte Rosa sono decisamente “scarsi”. Insomma, quell’oro continuerà a rimanere nascosto sotto terra ancora a lungo, a meno che non diventi più facile (o più conveniente) tornare ad estrarlo.

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