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Privacy: OpenAI fa promesse al Garante su ChatGPT

OpenAI promette al Garante Privacy italiano di rispettare la normativa europea sui dati personali: attese misure concrete, nel frattempo infiamma la polemica

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chatgpt-4 Fonte foto: Shutterstock

Dopo il blocco in tutta Italia di ChatGPT per ordine del Garante della Privacy, avvenuto lunedì 3 aprile, si è svolto ieri sera l’incontro tra l’Autorità italiana e i rappresentanti di OpenAI, azienda americana che ha sviluppato il chatbot più famoso al mondo. All’incontro c’erano tutti i pezzi grossi dell’azienda, inclusi gli avvocati e persino il CEO dell’azienda Sam Altman, e la conclusione è stata che la società statunitense ha offerto la propria collaborazione in tema di protezione dei dati personali, per “arrivare ad una positiva soluzione delle criticità rilevate da Garante“.

L’Autorità, accusata da alcuni di rallentare lo sviluppo delle nuove tecnologie nel nostro Paese, ha precisato che “non c’è alcuna intenzione di porre un freno allo sviluppo dell’AI e dell’innovazione tecnologica” ma ha ribadito l’importanza del rispetto delle norme poste a tutela dei dati personali dei cittadini italiani ed europei.

ChatGPT, se tutto andrà come prevede OpenAI, a breve potrà tornare online in Italia per la gioia dei suoi utenti. Ma solo se il Garante darà il suo ok.

Privacy: le promesse di Open AI

Durante l’incontro OpenAI si è impegnata a migliorare la trasparenza nell’uso dei dati personali e aumentare le garanzie per i minori, e ad inviare entro stasera al Garante un documento in cui espone le misure messe in atto, che saranno poi valutate dall’Autorità.

Le vere decisioni, dunque, non sono state ancora prese e, infatti, al momento ChatGPT resta inaccessibile in Italia.

Tutto dipenderà da come OpenAI vorrà rispondere alle critiche del Garante che, lo ricordiamo, erano sostanzialmente due. La prima era che il chatbot, per funzionare, rastrellava dati degli utenti e dalle pagine Web in modo massiccio. La seconda, invece, era che l’età dell’utente non veniva in alcun modo verificata, cosa che permetteva anche ai bambini di usare ChatGPT.

Guido Scorza, membro del Collegio dei Garanti della Privacy, era arrivato addirittura ad affermare che ChatGPT “è un aspirapolvere di dati personali” e che c’è “una quantità industriale di dati personali e non personali che oggi quell’algoritmo usa per fornire le risposte. Nessuno di noi della circostanza che questo sia avvenuto si è reso conto, perché non siamo stati informati e a nessuno è stato chiesto se si volesse contribuire o no“.

Al momento, quindi, a queste pesanti accuse OpenAI risponde con una promessa un po’ vaga che, si spera a breve, verrà dettagliata con misure concrete di tutela della privacy.

Privacy vs progresso

Tutta questa vicenda si innesta in un grandissimo trend globale, che vede l’esplosione dei servizi di intelligenza artificiale basati su algoritmi che “studiano” leggendo enormi quantità di informazioni prese dal Web e non sempre affidabili, e che funzionano ricevendo ripetute richieste da parte degli utenti e adattando le risposte in base a ciò che l’utente man mano va chiedendo.

Sta succedendo in tutto il mondo e non solo in Italia, ovviamente, e le polemiche non mancano né in Italia né altrove. Né mancano le posizioni a favore e contro il blocco di ChatGPT. Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, ad esempio, ha parlato di “eccesso di zelo” nella decisione del Garante Privacy di bloccare l’accesso a ChatGPT.

Secondo Gabriele Faggioli, responsabile scientifico dell’Osservatorio Cybersecurity e Data Protection del Politecnico di Milano, quella del Garante è stata una operazione di trasparenza necessaria.

Nel frattempo Ulrich Kelber, Commissario Federale per la Protezione dei Dati in Germania, sta valutando l’ipotesi di bloccare ChatGPT sul suolo tedesco in caso venisse accertata la violazione del regolamento europeo GDPR. Decisioni simili potrebbero essere prese anche in Spagna e in Svezia.