I robot umanoidi entreranno nelle fabbriche, pronti i primi modelli per la produzione
Nel 2025 i robot umanoidi faranno il loro ingresso nel mondo del lavoro industriale: i primi modelli segnano l’inizio di una rivoluzione spinta dall’intelligenza artificiale.

Il 2025 segnerà un punto di svolta: i robot umanoidi stanno per entrare davvero nel mondo del lavoro. Non è più solo un sogno da laboratorio o una trovata da video virale. Ora si fa sul serio, e le prime prove di produzione sono già iniziate.
A cambiare davvero le regole del gioco è l’intelligenza artificiale. I grandi modelli linguistici stanno trasformando il modo in cui i robot apprendono. In futuro, basterà dire “ripulisci il magazzino” o “riordina le scatole” per attivare sequenze complesse. È qui che si gioca la partita dell’autonomia.
Il debutto di Atlas nella fabbrica Hyundai
Boston Dynamics ha annunciato che il suo robot Atlas, completamente elettrico, sarà utilizzato in una fabbrica Hyundai entro la fine dell’anno. Dopo anni di evoluzione dal modello idraulico — celebre per le sue spettacolari acrobazie — Atlas sarà finalmente impiegato per compiti reali nella produzione industriale. È la prima volta che l’azienda impiega un robot umanoide in un contesto commerciale, dopo l’adozione di Spot e Stretch in ambito logistico.
A differenza dell’automazione tradizionale, progettata per un solo compito, i robot umanoidi promettono versatilità. Possono svolgere attività diverse, adattandosi all’ambiente umano: sollevare oggetti pesanti, muoversi in spazi ristretti, collaborare con operatori in carne e ossa. Per le aziende, questo significa una maggiore flessibilità operativa e un ritorno dell’investimento più ampio su linee produttive ibride.
Il mercato esplode: da Digit a Figure, fino a Tesla e Apple
Atlas non sarà solo. Agility Robotics ha già messo al lavoro Digit nei magazzini, e la società Figure ha spedito i suoi primi robot bipedi a clienti commerciali. Tesla, Meta e persino Apple stanno lavorando a progetti simili, cavalcando un’onda che, secondo Goldman Sachs, potrebbe valere 38 miliardi di dollari entro il 2035 — sei volte le previsioni dell’anno scorso.
Nonostante l’entusiasmo, rimangono però ostacoli importanti. Il caso Tesla è emblematico: dopo grandi promesse, il robot Optimus ha mostrato limiti di autonomia e difficoltà di produzione dovute a vincoli geopolitici sui metalli rari. Inoltre, la sicurezza resta una preoccupazione centrale. Un guasto notturno in fabbrica potrebbe costare milioni.
Lavorare con i robot: integrazione o sostituzione?
La promessa non è quella di rimpiazzare l’essere umano, ma di affiancarlo. In molte fabbriche del futuro, robot e lavoratori umani potrebbero operare fianco a fianco, ciascuno con compiti complementari. I robot si occuperanno delle mansioni più ripetitive, faticose o pericolose, liberando risorse umane per compiti più creativi o gestionali. Il rischio? Che questa transizione venga mal gestita, con ricadute occupazionali e sociali pesanti.
Di fatto, però, siamo all’inizio di una trasformazione profonda. I robot umanoidi rappresentano già una nuova fase dell’automazione, più vicina alla flessibilità umana che alla rigidità delle macchine e che – ormai – non si può più arrestare. Se ben integrati, potrebbero portare a un lavoro più sostenibile e umano e non – come molti potrebbero pensare (erroneamente) – alla sostituzione o alla cancellazione di posti di lavoro.
Tuttavia, serve preparazione, formazione e bisogna colmare il gap di conoscenze e competenze per far sì che questo sia possibile. Perché, se lasciati al solo mercato, rischiano di accentuare disuguaglianze e precarietà. La tecnologia è pronta. Ora tocca a noi decidere come e con quali regole accoglierla.