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Strane e misteriose ombre osservate lontano dalla Terra, cosa è emerso

Un team di astronomi dell'Università di Warwick ha scoperto un nuovo fenomeno: ombre misteriose potrebbero spiegare la nascita di stelle e pianeti.

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La ricerca è andata talmente avanti negli ultimi decenni, che spesso cadiamo nell’errore di dare tutto per scontato. Ma ogni giorno l’Universo ci dimostra che non è affatto così e, in ultimo, gli astronomi dell’Università di Warwick hanno scoperto un nuovo fenomeno mai visto prima: hanno osservato delle strane ombre lontano dalla Terra che aprono le porte a nuovi scenari.

Lo hanno definito effetto delle “ombre oscillanti” (rocking shadows) e, stando alle parole della dottoressa Rebecca Nealon, a capo del team di ricerca, potrebbe fornirci nuove informazioni a proposito della formazione dei sistemi planetari e della nascita ed evoluzione delle stelle.

L’innovativo studio dell’Università di Warwick

La dottoressa Rebecca Nealon e il suo team di astronomi, di stanza all’Università di Warwick, hanno osservato che ad anni luce dalla Terra si sta verificando uno strano fenomeno. È la prima volta che emerge da una ricerca in ambito astronomico e potrebbe aprire le porte a scenari inediti: si tratta dell’effetto “ombra oscillante” e ci consente di comprendere meglio da una parte la formazione dei sistemi planetari, mentre dall’altra cosa accade esattamente attorno alle stelle e come esse si evolvono.

Lo studio è stato presentato al National Astronomy Meeting, organizzato ogni anno dalla Royal Astronomical Society (RAS), dal Science and Technology Facilities Council (STFC) e dall’Università di Warwick. Tutte realtà che promuovono e incentivano gli studi in questo ambito, non solo nel Regno Unito ma anche a livello internazionale, sovvenzionando attività di ricerca e progetti importanti, proprio come lo studio in esame. E non è un caso che sia coinvolta proprio l’Università di Warwick, uno dei più prestigiosi istituti di ricerca del mondo nonché tra le prime dieci università più importanti al mondo.

Il fenomeno delle ombre oscillanti

Il team capitanato dalla dottoressa Nealon si è servito di computer ad alte prestazioni e del potente telescopio dell’Aracama Large Millimeter/Submillimeter Array (ALMA) dapprima per osservare e fotografare i dischi protoplanetari, poi per dar vita a simulazioni tridimensionali sulla loro forma, direzione e sulla possibile evoluzione nel tempo.

Ma facciamo un passo indietro. Tutto parte da qualcosa che già ben conosciamo sulle stelle, in particolare sul modo in cui nascono: all’interno di grandi nebulose, fatte di polveri e gas rarefatti (soprattutto idrogeno ed elio), si formano in modo casuale degli addensamenti di materia (globuli di Bok). Tali addensamenti sono soggetti a movimenti e oscillazioni che nel tempo gli consentono di accumulare materia al punto da crescere sempre più, generando una forza di gravità che, a sua volta, la comprime aumentandone temperatura e pressione interna. Da questo globo, che viene chiamato protostella, si genera quella che comunemente definiamo stella, che si stabilizza quando il suo nucleo interno raggiunge i 10 milioni di gradi Kelvin.

In questo affascinante e meraviglioso processo, però, accade abitualmente un fenomeno: parte del materiale di polvere e gas non entra nella stella e continua a girarvi attorno, formando il cosiddetto disco protoplanetario. Ed è proprio da questo “residuo” che miliardi di anni fa sono nati i pianeti come il nostro.

Finora gli astronomi avevano considerato i dischi protoplanetari tutti identici: stessa forma piatta, sottile e rotonda. Ma la ricerca dell’Università di Warwick cambia le carte in tavola perché, grazie alle immagini del telescopio ALMA, hanno scoperto che alcuni di questi dischi sono ben diversi e hanno delle ombre. Sembra un’inezia, ma non è affatto così: se la parte di disco vicina alla stella, quella interna, blocca in parte la luce e proietta un’ombra sulla parte esterna, vuol dire che entrambe sono orientate in modo diverso. Vale a dire che il disco protoplanetario, in questo caso, non è piatto e lineare ma “rotto”.

Ma c’è di più, perché la simulazione effettuata a partire dalle immagini del telescopio hanno mostrato come il fenomeno si evolve nel tempo. Non solo le parti del disco non sono lineari, ma creano appunto l’effetto delle ombre oscillanti: il disco interno si muove sempre nella stessa direzione, determinata dall’attrazione gravitazionale della stella, mentre l’ombra (che “in teoria” dovrebbe seguire un andamento lineare) oscilla con un movimento in avanti e indietro.

Come cambia lo studio di stelle e pianeti

Lo studio della dottoressa Nealon e del suo team di astronomi e la scoperta di questo nuovo fenomeno delle ombre oscillanti apre le porte a nuove prospettive sia sull’evoluzione delle stelle che sulla nascita dei pianeti. Come ha affermato la Royal Asronomical Society: “La nostra ricerca è importante perché colma il divario tra teoria e osservazioni. Alla luce delle nuove osservazioni di telescopi come il JWST, le nostre tecniche numeriche all’avanguardia significano che abbiamo una varietà di strumenti per interpretare questi dati e per saperne di più su come nascono i pianeti“.

La dottoressa Nealon, infine, ha aggiungo: “JWST promette di darci uno sguardo ai sistemi planetari embrionali con dettagli senza precedenti e con i nostri nuovi modelli saremo in grado di scoprire molto di più sulla nascita dei pianeti“.