Suoni inquietanti dal profondo dell'Oceano: sappiamo di più sui "canti" delle megattere
Gli affascinanti e inquietanti "canti" delle megattere finalmente hanno una spiegazione: un nuovo sorprendente studio rivela come funzionano.
Sappiamo così poco sulle megattere, tra le creature più affascinanti e misteriose del Pianeta. Difficili da intercettare, gli esemplari sono pochi considerata l’estensione dei nostri oceani, e forse proprio per questa ragione il loro “canto” è motivo di grande curiosità e interesse da parte degli appassionati ma soprattutto degli scienziati. Uno di essi, il professore di bioacustica Coen Elemans, ha realizzato insieme al suo team uno studio davvero sorprendente che finalmente spiega i meccanismi anatomici alla base dei particolari suoni emessi dalle megattere e in generale da tutti i misticeti.
Il nuovo studio sul “canto” delle megattere
Coen Elemans, professore di bioacustica all’Università della Danimarca meridionale, si interessa da sempre al modo in cui gli animali emettono i suoni e il loro cervello li controlla. Se di suoni si parla, inevitabilmente la mente viaggia fino alle profondità degli oceani dove vivono quelle affascinanti creature, che conosciamo come megattere e di cui “sappiamo molto poco”, come lo stesso Elemans ha affermato nel podcast Science, Quickly di Scientific American (episodio The Science behind Humpback Whales’ Eerie Songs).
“Se purtroppo si spiaggiano, è davvero difficile arrivare in tempo. I tessuti che hanno si decompongono in modo incredibilmente veloce. E le balene, come sapete, o forse saprete, sono note anche per esplodere sulla spiaggia. Quindi devi arrivare lì velocemente per poter studiare fisiologia”, ha affermato Elemans per sottolineare la reale difficoltà in questo tipo di studio, dovuta essenzialmente dalla mancanza di esemplari da analizzare.
C’è voluto tempo prima di trovare questi esemplari, che fossero integri e adatti a un’analisi anatomica e fisiologica, finché finalmente il professore di bioacustica e il suo team hanno trovato dei misticeti spiaggiati. “Siamo stati fortunati, in questo senso, che due animali si siano arenati molto vicino al laboratorio, qui in un porto dove abbiamo un accesso molto rapido – ha spiegato -. Quindi penso che una delle grandi scoperte sia stata la possibilità di ottenere tessuti freschi e quindi poterne studiare la fisiologia in un modo mai fatto prima”.
Elemans e i suoi colleghi hanno avuto un’opportunità davvero unica e sono stati in grado di risolvere il mistero delle melodie di queste creature. Un mistero lungo oltre 50 anni.
Come funziona la “scatola vocale” dei misticeti
Lo studio dal titolo Evolutionary novelties underlie sound production in baleen whales è stato pubblicato sulla rivista Nature e spiega per la prima volta come fanno le megattere e gli altri misticeti a produrre i celebri “canti”, registrati per la prima volta negli anni Settanta dal biologo Roger Payne (Songs of the Humpback Whale).
Noi umani possediamo la laringe che emette un suono quando l’aria passa attraverso le corde vocali. I misticeti hanno sviluppato, invece, una “scatola vocale” che evolvendosi nel tempo ha permesso loro – e consente tutt’oggi – di emettere suoni sott’acqua. Si tratta di una sorta di laringe, appunto, lunga circa mezzo metro: quando l’aria vi passa attraverso, un cuscino cuneiforme vibra e vi preme sopra creando il suono.
Il professor Elemans e il suo team ha potuto finalmente vedere con i propri occhi tutto questo, per la prima volta, grazie a quei misticeti spiaggiati che sono riusciti a intercettare. Ormai senza vita, hanno collegato dei tubi alle scatole vocali soffiando aria nelle laringi e appurando in prima persona come “cantano”. A partire da questo il team ha potuto anche creare dei modelli digitali per comprendere l’impatto dei movimenti muscolari su queste vocalizzazioni e le loro frequenze.
Un meccanismo mai osservato in altre specie animali, unico nel suo genere, frutto di un cambiamento evolutivo necessario.