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L'acidificazione degli oceani ha superato la soglia critica: cosa rischiamo?

Ormai l'acidificazione degli oceani potrebbe essere un fenomeno irreversibile: quali saranno gli effetti a catena di questa crisi ambientale marina silenziosa?

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L’acidificazione degli oceani è diventata una delle maggiori minacce ambientali del nostro tempo, sebbene spesso trascurata. Si tratta di un processo innescato principalmente dall’assorbimento della CO2 da parte del mare, che provoca un calo del pH dell’acqua marina, alterando equilibri ecologici fondamentali. Secondo recenti studi internazionali, è stato superato un punto di non ritorno: la soglia critica oltre la quale le conseguenze per la biodiversità e gli ecosistemi marini diventano gravi e potenzialmente irreversibili.

Che cos’è l’acidificazione degli oceani?

Quando il mare assorbe anidride carbonica dall’atmosfera, si innesca una reazione chimica che riduce il pH dell’oceano, rendendolo più acido. Questo fenomeno, noto come acidificazione degli oceani, colpisce soprattutto gli organismi marini che costruiscono strutture calcaree, come coralli, cozze, ostriche e minuscoli molluschi planctonici detti farfalle di mare. La loro capacità di formare gusci o scheletri s’indebolisce, mettendo a rischio l’intera catena alimentare marina.

Una soglia oltrepassata in silenzio

Un recente studio condotto da istituti scientifici di Stati Uniti e Regno Unito ha analizzato 150 anni di dati oceanografici, rilevando che il limite di sicurezza è stato superato già intorno al 2020. In alcune zone del globo, la concentrazione di carbonato di calcio – essenziale per la calcificazione – è scesa oltre il 20% rispetto ai livelli preindustriali. In profondità, a 200 metri sotto la superficie, il 60% delle acque analizzate risultava già oltre tale soglia.

Questo dato è particolarmente allarmante perché gran parte della vita marina non si trova in superficie, ma nelle profondità, dove i cambiamenti chimici possono avere impatti ancora più drammatici e meno reversibili.

Barriere coralline e habitat marini in pericolo

Tra gli ecosistemi più minacciati ci sono le barriere coralline, che ospitano migliaia di specie e fungono da rifugi e aree di riproduzione. L’acidificazione le indebolisce, rendendole più vulnerabili anche ad altri stress come l’innalzamento delle temperature marine e l’inquinamento.

Ma non sono solo i tropici a essere in pericolo: anche le barriere coralline delle profondità marine, spesso poco conosciute, stanno mostrando segni di deterioramento. Il risultato? Perdita di habitat per specie chiave, riduzione della pesca e impatti negativi sulle economie costiere che dipendono dalle risorse del mare.

Il tempo sta per scadere

Gli scienziati parlano di una vera e propria “bomba a orologeria”. Continuare ad aumentare le emissioni di CO2 senza agire significherebbe spingere l’oceano oltre limiti da cui sarebbe difficile tornare indietro.

Ridurre le emissioni resta la via principale, ma nel frattempo servono strategie di adattamento che includano la protezione delle specie marine vulnerabili, la salvaguardia di aree critiche e politiche più attente nei confronti della crisi ambientale degli oceani.

Cosa possiamo fare: consapevolezza e azione

Sebbene la crisi climatica marina sia spesso meno visibile rispetto ad altri problemi ambientali, le sue ripercussioni saranno globali. Serve un cambiamento nel modo in cui governi, industrie e cittadini affrontano il problema. La scienza ha parlato chiaro: il tempo per salvare gli oceani non è infinito.

Dare priorità all’acidificazione del mare nelle politiche ambientali, investire nella ricerca scientifica e nell’educazione ambientale può fare la differenza. E anche piccoli gesti individuali, come ridurre le proprie emissioni di anidride carbonica, possono contribuire a proteggere il più grande ecosistema della Terra.