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SCIENZA

Termiti, l'errore che le fa proliferare (sottoterra): nuovo studio sulle colonie che "fiutano la morte"

Le termiti possono essere molto dannose e adesso è stato scoperto che possiedono un "potere" in più: sono in grado di "fiutare la morte".

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Le termiti si nutrono di legno e sì, possono essere un bel problema. Parliamo di parassiti considerati i più distruttivi al mondo e avere a che fare con una colonia significa gestire una situazione che potrebbe presto degenerare. In particolare le termiti sotterranee, generalmente attratte dall’umidità, sono in grado di provocare danni strutturali di una certa entità. Usare insetticidi liquidi non repellenti oppure esche è l’unica soluzione possibile, ma potrebbero non bastare: un nuovo studio ha dimostrato che le termiti non cadono in trappola perché riescono a “fiutare la morte”.

Il nuovo studio sulle termiti sotterranee

Nel nuovo studio dal titolo Death zone minimizes the impact of fipronil-treated soils on subterranean termite colonies by negating transfer effects, pubblicato sul Journal of Economic Entomology, i ricercatori hanno raccolto risultati molto particolari in merito all’efficacia degli insetticidi non repellenti, che ormai da oltre 20 anni hanno sostituito del tutto prodotti chimici a base di ciclodiene e organoclorurati, ormai eliminati.

Ma cosa hanno visto esattamente? “Mentre i trattamenti termicidi liquidi possono fornire livelli di protezione contro le popolazioni di termiti sotterranee e prevenire efficacemente i danni alle strutture, le colonie nel terreno circostante la struttura non sono realmente colpite, posticipando nel tempo il potenziale danno che possono creare”, ha affermato Thomas Chouvenc, professore del Fort Lauderdale Research and Education Center (FLREC) dell’Institute of Food and Agricultural Sciences (Università della Florida).

In sostanza, il professor Chouvenc ha dimostrato che le termiti sotterranee che si nutrono in terreni trattati con dei comuni insetticidi non repellenti muoiono rapidamente in prossimità del trattamento, portando a un accumulo di “cadaveri” che a loro volta formano la cosiddetta “zona della morte”. Ed è qui la novità: le termiti sono in grado di fiutarla e tutta la colonia evita l’area interessata, dunque lo stesso trattamento. Ecco perché sopravvive.

La “zona della morte”

Secondo i dati raccolti da Chouvenc e dal suo team di ricerca, la cosiddetta “zona della morte” si estende fino a 2,56 metri dall’area del trattamento insetticida e nel tempo viene considerata “inaccessibile” dalla colonia di termiti, che vi evita qualunque attività. Dati alla mano, soltanto l’1,5% della popolazione della colonia di termiti subisce un impatto significativo da parte dei trattamenti insetticidi nella “zona della morte”.

Le termiti sotterranee, dunque, sono in grado di evitare le aree che ritengono dannose. Con milioni di individui, le colonie possono completare il loro ciclo di vita e continuare a produrre generazioni future di colonie di termiti agendo praticamente indisturbate. La conclusione è che i “termicidi liquidi hanno scarso impatto sulle grandi colonie di termiti sotterranee” e sarebbe preferibile “l’uso di esche” che “può portare all’eliminazione delle colonie con una frazione del danno ambientale rispetto ai termicidi liquidi, indipendentemente dalla distanza di foraggiamento”.

“L’esistenza della ‘zona della morte’ implica ora che posizionare stazioni esca a breve distanza dal trattamento termico liquido potrebbe negare la capacità delle termiti di accedere alla stazione esca a causa della zona della morte evitata. Spero di poter indagare su questa preoccupazione in uno studio futuro”, ha concluso il professor Chouvenc.

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