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Terremoto, in futuro gli smartphone potrebbero avvisarci prima

Una ricerca statunitense sta cercando di sfruttare i sistemi GPS degli smartphone per avvertire in tempo la popopazione di un imminente scossa in arrivo

L’Italia ha ripreso a tremare. Il nostro Paese, purtroppo, non dispone di sistemi centralizzati in grado di avvertire le persone dell’arrivo di un terremoto come già avviene in due aree del mondo altamente sismiche come, per esempio, il Giappone o la California (USA): una manciata di secondi in grado di salvare molte vite.

Lo strumento in questione è l’Earthquake Early Warning (EEW) – sistema di allerta rapida di terremoto conosciuto anche come ShakeAlert – che si basa su una vasta rete di sensori di movimento, posizionati in punti strategici, che non appena rilevano una scossa comunicano all’istante con un centro specializzato di allerta che calcola la gravità del fenomeno e provvede ad avvertire – via telefonino – la popolazione fino a 30 secondi prima dell’arrivo di una scossa. L’idea del team di ricercatori californiani è di creare un vasto network che offra risultati simili ma sfruttando, invece, il GPS degli smartphone e la potenza del crowdsourcing.

Come funziona sistema di allerta rapida di terremoto

Prima di illustrare risultati della ricerca degli scienziati californiani – capitanati dalla prof.ssa Sarah Minson del Servizio Geologico Californiano a Menlo Park – è forse il caso di spiegare come funziona un terremoto. Un sisma è praticamente impossibile da prevedere, sia ben chiaro, ma quando si verifica, non è un fenomeno immediato perché impiega del tempo – davvero minimo – per propagarsi. Ed è proprio questa manciata di secondi che il sistema di allerta rapida (EEW) sfrutta per avvertire le aree limitrofe più a rischio. Quando si verifica una scossa sismica, infatti, vengono generate due tipi di principali onde: le onde primarie che, come suggerisce il nome, sono le prima a essere rilevate dai sensori e dai sismografi, seguite dalle onde secondarie, più lente – è vero – ma molto più pericolose perché provocano la maggior deformazione del terreno. Il sistema di allerta rapida si affida ai sensori per rilevare le onde “P” e cerca avvertire (anche solo una manciata di secondi prima) la popolazione delle zone a rischio dell’arrivo del sisma, ossia delle onde secondarie, fornendo una serie di altre utili informazioni come, il tracking in tempo reale delle onde sismiche dall’epicentro, stima dei secondi che mancano al verificarsi del terremoto e magnitudo stimata della scossa. Si tratta, nella migliore delle ipotesi, di poco più di 30 secondi, ma che possono fare la differenza tra la vita e la morte.

Sistema allerta terremotiFonte foto: web

Il Sistema di allerta rapida di terremoto (EEW), è un sistema di avviso di terremoto imminente in uso in alcuni paesi altamente sismici

L’unione dei GPS fa la forza contro il terremoto

Il problema è che un sistema di allerta rapida di terremoto di questo tipo è estremamente costoso, ed è qui che entrano in gioco i GPS dei cellulari. Tutti siamo abituati a usare il sistema di navigazione satellitare per scoprire dove siamo o per farci guidare a destinazione. Pochi, forse, sono a conoscenza che uno smartphone è talmente sensibile da registrare movimenti orizzontali e verticali della grandezza di un centimetro, esattamente il tipo di movimento che innesca – in caso di terremoto – i sistemi di allarme più sofisticati. L’idea dei ricercatori californiani è quello di sviluppare un’applicazione in grado di individuare questo tipo di movimenti su un numero sufficientemente adeguato di smartphone – escludendo così eventuali falsi positivi – e inviare in automatico un alert per avvertire la popolazione dell’imminente scossa e fornire il tempo per mettersi in salvo.

Effetti del terremotoFonte foto: Pixabay

Abitazioni distrutte dal terremoto

È un sistema che potrebbe funzionare?

I ricercatori californiani – che hanno pubblicato i risultati della loro ricerca sulla rivista Science – ne sono convinti dopo aver effettuato degli appositi test tramite un Google Nexus 5 simulando una scossa di magnitudo 7 e una di scala 9. Gli smartphone hanno reagito registrando in modo efficace già le scosse iniziali di magnitudo inferiore. Questo sistema è persino in grado di localizzare l’epicentro dell’evento sismico a partire dalla grandezza del movimento della superficie terrestre, ossia quello devastante che segue le onde sussultorie. Il problema principale è “scartare” i falsi positivi. Non c’è molta differenza tra un terremoto e un utente che sta facendo jogging o un giro in macchina su una strada accidentata per uno smartphone. Ma la soluzione non è affatto impossibile o costosa da risolvere: basterebbe aggiornare il firmware e il software dei telefonini degli utenti che vivono in zone sismiche, oppure “hackerarli”. Ed è quello che gli scienziati hanno intenzione di fare in Cile per iniziare a raccogliere dati grezzi con lo scopo di analizzare le informazioni raccolte per eliminare proprio i falsi positivi. Gli utenti non devono cambiare smartphone e le autorità locali non devono sborsare nulla. Basta, insomma, un accordo con i produttori che devono rilasciare un aggiornamento software.

 

(video in apertura tratto da YouTube)

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