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Un tribunale italiano ha condannato Twitter: ecco perché

Non è possibile moderae o bannare un utente senza un giustificato motivo e senza dargli possibilità di difendere i suoi diritti, anche economici

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Il Tribunale di Roma, Sezione XVII, ha condannato Twitter (che ormai si chiama X): non può bannare senza giustificato motivo e a sua discrezione, senza spiegare il perché, nessun utente né può cancellare o oscurare i contenuti pubblicati senza un reale motivo. E non può farlo nemmeno se l’uso del social è "gratuito" perché, secondo il Tribunale, i social gratuiti non lo sono affatto visto che l’utente, per usarli, cede consapevolmente i suoi dati.

Tutta la questione nasce da una denuncia fatta da Federconsumatori, contro la possibilità di Twitter di bannare gli utenti senza una motivazione ufficiale e appellabile. Il giudice romano ha inoltre chiarito in modo molto chiaro che, anche se hanno sede legale all’estero, i social e le piattaforme online devono rispondere agli utenti italiani in un tribunale italiano.

Federconsumatori Vs Twitter

Per dirla in termini tecnici, la possibilità che si riserva Twitter/X di chiudere un profilo, impedirne l’accesso, cancellarne in parte o del tutto i contenuti, è una clausola vessatoria illegittima. In particolare il Tribunale ha analizzato i Termini di Servizio ai punti 4, 5 e 6.

In particolare Twitter si riserva il diritto di "interrompere (permanentemente o temporaneamente) la fornitura dei Servizi o di qualsivoglia funzionalità all’interno dei Servizi" e di "creare, a esclusiva discrezione [di Twitter] e in qualsiasi momento, limiti all’utilizzo e all’archiviazione".

Infine, sempre secondo i Termini di Servizio del Social, la piattaforma può "rimuovere o rifiutare di pubblicare i Contenuti sui Servizi, sospendere, risolvere e recuperare username, senza alcuna responsabilità" nei confronti degli utenti.

In buona sostanza il social dice ai suoi utenti: potete usare la piattaforma gratis, ma io posso cambiare le regole come e quando voglio. Buona parte del problema legale di questa impostazione, secondo il Tribunale, è che Twitter se ne lava le mani in caso di conseguenze e danni (anche economici) subiti dall’utente bannato o moderato/censurato.

Ma "Tale esclusione di responsabilità non è giustificata da alcuna motivazione tecnica, né può esser contemperata dalla circostanza della gratuità del servizio o dalla facoltà di recesso del consumatore".

I social, cioè, hanno il diritto di bannare un utente, cancellare alcuni suoi contenuti e anche cambiare le proprie regole di funzionamento, ma non possono farlo senza giustificato motivo né possono chiudere le porte ad un eventuale ricorso.

L’Europa non è un Paese per social

Questa sentenza avrà conseguenze importanti per Twitter/X ma anche per tutte le altre piattaforme online, che vengono messe di fronte alle proprie responsabilità e che non possono più, come hanno fatto fino ad ora, agire ad esclusiva difesa dei propri interessi: il consumatore conta, va rispettato e il giudice lo ha messo per iscritto.

A tutto ciò si aggiungono le molte nuove responsabilità date dall’Unione Europea ai "gatekeeper" previsti dal Digital Markets Act (DMA) e dal Digital Services ACT (DSA), cioè tutte le piattaforme online con almeno 45 milioni di utenti. Responsabilità dalle quali la nuova X di Elon Musk ha già cercato di svincolarsi quest’estate ricevendo una sonora tirata d’orecchie dal Commissario Europeo al Mercato Thierry Breton.

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