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L'uso di abbreviazioni nelle chat fa apparire meno sinceri e riduce le possibilità di risposta

Usare costantemente le abbreviazioni fa sembrare meno sinceri: ecco perché il livello di risposte è così basso

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Un interessante studio condotto da un team di psicologi ha dimostrato come le persone che sono solite utilizzare abbreviazioni nei propri messaggi, abbiano in realtà minori possibilità di ricevere risposta. Non si fa riferimento a chi adopera questa soluzione in maniera saltuaria, bensì a chi inserisce una vera e propria raffica di abbreviazioni.

Il problema delle abbreviazioni

David Fang dell’Università di Stanford, e i colleghi dell’Università di Toronto, ha analizzato i messaggi di più di 5.000 persone. Tutto in un progetto che ha previsto ben otto studi differenti. Ciò che è saltato fuori è che i soggetti che tendono a utilizzare abbreviazioni in maniera costante e ripetuta vengono percepiti come meno sinceri. Per questo motivo hanno minori probabilità di ricevere una risposta.

Sappiamo bene come le abbreviazioni siano aumentate in maniera drastica nel corso degli anni Duemila, ovvero nell’era della messaggistica digitale. Rappresentano l’abitudine per una comunicazione che non ha tempo da perdere. Prendersi però il tempo necessario per scrivere le parole per intero, potrebbe fare la differenza.

In passato c’era il “tvb”, che rappresentava un modo divertente di chiudere un messaggio tra giovani. Erano le prime fasi di questa tecnologia e risultava divertente avere un proprio “codice”. Col tempo, però, si è passati dall’uso delle k a quello degli acronimi, fino a usare abbreviazioni e slang inglesi.

Ecco quanto scrivono gli autori sul Journal of Experimental Psychology: “È vero che le abbreviazioni possono far risparmiare tempo e fatica, ma la nostra ricerca suggerisce che possano ostacolare una comunicazione efficace. Di fatto influenzano negativamente le percezioni interpersonali”.

Lo studio

L’idea alla base del progetto era quella di esplorare l’impatto delle abbreviazioni in differenti scenari di messaggistica. È stato chiesto inizialmente a numerose persone di valutare il livello di sincerità di numerosi messaggi con e senza abbreviazioni. Tali soggetti hanno poi spiegato quale sarebbe stata la loro personale probabilità di risposta.

Poi, si è passati ad analizzare i messaggi scambiati sulla piattaforma Discord, nel corso di un esperimento online di speed-dating. Al tempo stesso sono stati valutati anche quelli relativi all’app d’incontri Tinder.

Statisticamente parlando, le abbreviazioni hanno garantito minori risposte, a confronto con dei soggetti che si sono presi il tempo di scrivere le effettive parole. Non parliamo di risposte pari a zero, sia chiaro, ma notevolmente inferiori e, altro dato interessante, più brevi.

“Le abbreviazioni fanno sembrare i mittenti meno sinceri, spingendo i destinatari essere meno propensi alla risposta. Tali effetti negativi derivano dal fatto che le abbreviazioni segnalano un livello inferiore di impegno da parte di chi scrive”.

Una lettura psicologica, questa, che non trova d’accordo l’intera comunità scientifica, com’era facile ipotizzare. La professoressa Linda Kaye, psicologa della Edge Hill University, ad esempio, si è così espressa in merito: “È importante riconoscere come nel mondo reale le interazioni basate su messaggi di testo prevedano che il destinatario abbia un’approfondita conoscenza del mittente. Al tempo stesso ce l’abbia del contesto. Le percezioni si baseranno, dunque, su un insieme di informazioni molto più ricco”.

Molto dipende, dunque, dal rapporto personale tra mittente e destinatario. Al tempo stesso occorre dare peso alla familiarità esistente tra persone che usano abbreviazioni. Questo il pensiero del dottor Christopher Hand, psicologo dell’Università di Glasgow: “Dipende poi molto dal contesto. Si ha fretta? Si sta usando un’abbreviazione per evitare una parola tabù? È probabile, poi, che la stessa persona utilizzi differenti stili a seconda del destinatario e dello scopo della comunicazione, che sia personale, romantico, aggressivo, professionale e così via”.

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