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SCIENZA

Una "bomba tossica" sta per scoppiare nell'Artico

Nell'Artico c'è forte preoccupazione per l'inquinamento ambientale e la contaminazione di diversi siti, una situazione aggravata dal disgelo

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Quando si pensa a un luogo della Terra in cui l’inquinamento non ha fatto capolino viene spesso in mente il Polo Nord. In realtà, l’Artico è molto più contaminato di quello che si potrebbe immaginare, almeno secondo quanto sottolineato da un articolo scientifico pubblicato nei giorni scorsi. Un allarme questo da tenere seriamente in considerazione.

In pratica, quello che è stato dimostrato è che il permafrost non è più in grado di nascondere e tenere al riparo dalle sostanze tossiche. La novità è emersa in una pubblicazione apparsa sulla rivista specializzata “Nature Communications”. I numeri fanno impressione e non si potrà non tenerne conto nell’affrontare l’argomento nei prossimi decenni.

I numeri sull’inquinamento dell’Artico

In poche parole, nelle regioni dell’Artico ci sarebbero tra i 13mila e i 20mila siti contaminati, senza dimenticare le aree che verranno interessate dal disgelo entro la fine del secolo (tra le 3mila e le 5mila unità per la precisione). Tra l’altro, gli scienziati hanno voluto aggiungere come le stime siano addirittura ottimistiche, lo stesso disgelo potrebbe subire un’accelerata improvvisa in alcune regioni del Polo Nord. A rendere preoccupante la situazione ci ha pensato un recente disastro naturale: nel 2020, infatti, a Norilsk, in Russia, ben 17mila tonnellate di petrolio sono fuoriuscite da un serbatoio crollato. La localizzazione dell’inquinamento è quindi facilmente immaginabile.

In base a quanto accertato dall’articolo scientifico, il 70% dei siti contaminati dell’Artico si trova proprio in Russia, mentre il resto si riferisce alla Groenlandia, al Canada e all’Alaska. Alcune zone, inoltre, sono completamente abbandonate a loro stesse e non sono nemmeno di agevole accesso. Questo vuol dire che la pulizia si complica di parecchio. Ci sono dei siti, poi, in cui le strutture di trivellazione sono ancora attive e si può soltanto immaginare quanto sia elevato l’inquinamento atmosferico. Gli esperti avevano la percezione di una situazione del genere, ma vedere il tutto espresso in una serie di mappe reali ha aumentato la preoccupazione.

I rischi che corrono le persone che vivono nell’Artico

Le conseguenze non sono affatto augurabili. Una volta che il terreno di queste zone dell’Artico non sarà più ghiacciato al punto da formare una barriera contro la contaminazione, gli elementi tossici finiranno per penetrare nei fiumi e negli stagni. Quindi gli ecosistemi rischieranno di essere compromessi per sempre.

I rischi riguardano anche le persone, per la precisione chi vive nelle regioni artiche. Le acque potabili potrebbero mescolarsi presto con i contaminanti, rendendo complicata la sopravvivenza umana. Non ci sono soltanto le sostanze liquide da monitorare, lo stesso discorso vale per l’aria che respiriamo.

Sono proprio le correnti a trasportare le sostanze contaminanti nell’Artico: gli elementi derivati dal piombo e dalla combustione di benzina circolano già nell’atmosfera del Polo Nord, senza dimenticare il mercurio rilasciato da alcune attività minerarie. Il tempo per intervenire c’è ancora, tenuto conto del fatto che le condizioni ambientali attuali sono in costante mutamento e bisogna fare davvero presto. La speranza degli scienziati è che la pubblicazione dell’articolo sulla rivista “Nature Communications” possa smuovere qualche coscienza una volta per tutte.

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