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SCIENZA

Una città antichissima ha rivelato qualcosa di inedito

Un'altra scoperta in Iraq ci offre delle informazioni inedite sulla vita in una delle città più antiche mai ritrovate. E c'è anche un oggetto molto curioso.

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Vicino all’odierna città di Nassiriya in Iraq si ergeva un tempo un grande centro urbano, uno dei primi attribuiti alla civiltà sumera. Parliamo di Lagash, dalla fine del 2022 al centro di un progetto di scavo (Lagash Archeological Project) che vede impegnati gli archeologi dell’Università della Pennsylvania e dell’Università di Pisa. Un luogo risalente al V secolo a.C. fa che oggi, in modo del tutto inaspettato, ci offre uno scorcio inedito della vita nell’antica Mesopotamia grazie a una curiosa scoperta.

Scoperta in Iraq una taverna del 2.700 a.C.

È da oltre un secolo che gli archeologi lavorano a lunghe campagne di scavo in Iraq, con particolare attenzione a quella che – solo negli anni Cinquanta – venne identificata come Lagash, uno dei centri urbani più antichi della zona e tra i primi che possiamo attribuire al popolo sumero. Ma è con il Lagash Archeological Project, avviato nel 2019, che le operazioni di scavo hanno cambiato prospettiva: dapprima gli esperti si concentravano quasi esclusivamente sugli edifici sacri e l’aspetto religioso della vita nella comunità, adesso invece intendono gettare una nuova luce sulle abitudini quotidiane della gente comune.

Di certo non avrebbero mai immaginato che ad appena 50 cm sotto terra avrebbero trovato una delle prime taverne che la storia dell’umanità abbia mai concepito. Stando ai dati raccolti, questo antichissimo luogo di aggregazione risale a circa 5.000 anni fa, quando la città-stato mesopotamica (che fu anche capitale della regione) era nel pieno del suo splendore, nonché uno dei centri commerciali, agricoli e artigianali più grandi e fiorenti dell’epoca.

Un’ampia zona living all’aperto dotata di panche (proprio come usiamo al giorno d’oggi), un forno per la preparazione estemporanea delle pietanze, contenitori e stoviglie di vari tipi e misure, resti di cibo e persino una ricetta della birra incisa su una tavoletta cuneiforme costituiscono il prezioso tesoro riportato alla luce nell’antica Lagash. Ma la scoperta più curiosa è, senza dubbio, un’altra: un oggetto che potrebbe essere a tutti gli effetti uno dei primi frigoriferi della storia.

Trovato un antico frigorifero, tra i primi della storia

A identificare l’oggetto sono state le archeologhe a capo del team di ricerca, ovvero la professoressa Holly Pittman dell’Università della Pennsylvania e la professoressa Sara Pizzimenti del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa. Si tratta di uno zeer, termine arabo che si riferisce all’antico metodo di conservazione del “barattolo nel barattolo” che i popoli mesopotamici avevano ideato per conservare bevande e cibi, evitandone il deterioramento.

La tecnica del vaso-zeer, tra l’altro, è tra le più diffuse ancora oggi in Africa e sta tornando di moda anche tra i designer moderni in una prospettiva di risparmio energetico: si tratta a tutti gli effetti di un metodo che consente di conservare le materie prime senza l’ausilio di elettricità, ma servendosi solo ed esclusivamente dell’umidità.

“Il ritrovamento effettuato a Lagash è in grado di gettare nuova luce sullo studio del cibo e della cucina dell’antica Mesopotamia, finora principalmente conosciuto ed esplorato attraverso testi, che però non coprono i primi periodi sumeri”, ha spiegato Sara Pizzimenti, Professore Associato di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico presso l’Università di Pisa.

Gli scavi nell’antichissima città sumera di Lagash

La curiosa scoperta è solo l’ultimo capitolo di una ricerca che perdura dal 1887, quando gli archeologi diedero il via alle prime esplorazioni approfondite di Tell al-Hiba, ma solo nel 1953 grazie alla scoperta di un’iscrizione dell’assiriologo danese Thorkild Jacobnsen e di Fuad Safar il sito poté essere identificato come l’antica città di Lagash.

Da quel momento il sito fu al centro di continue campagne di scavo, la prima delle quali fu messa in atto dal 1968 al 1976 grazie al lavoro congiunto del Metropolitan Museum of Art e dell’Institute of Fine Arts di New York, sotto la direzione di Donald Hansen. A questo progetto seguirono quelli dell’Università della California di Los Angeles nel 1984, quello dell’Università della Pennsylvania nel 1990 (che fu interrotto a causa della Guerra del Golfo) e, infine, quello del 2019 che ha coinvolto l’Università di Cambridge.

Da quel momento il lavoro instancabile degli archeologi dell’Università della Pennsylvania non è mai cessato, fino all’ultima campagna del 2022 in partnership con l’Università di Pisa che ci ha offerto su un piatto d’argento una delle scoperte più curiose e interessanti di sempre sulle civiltà mesopotamiche.

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