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PMI E INDUSTRIA 4.0

I miti della digitalizzazione industriale

La quarta rivolzuione industriale è accompagnata da credenze, anche tra gli addetti ai lavori, difficili da sfatare, che rischiano di ritardare il cambiamento

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I miti della digitalizzazione industriale Fonte foto: Shutterstock

Negli ultimi anni si sente spesso parlare di digitalizzazione industriale o più semplicemente di Industria 4.0. Si tratta di un fenomeno epocale in cui le imprese si avviano a trasformare i propri sistemi di lavorazione, come è già avvenuto nel passato, adottando le ultime tecnologie.

Un percorso in realtà già cominciato e che, secondo molti analisti, incontrerà un punto di svolta a partire già dal 2018. D’altronde, la tecnologia ha sempre avuto un impatto sulla fabbrica. È stato così per esempio nel corso delle tre rivoluzioni industriali. E ora sta avvenendo la stessa cosa, tanto è vero che un altro termine con cui si identifica la trasformazione digitale è appunto quarta rivoluzione industriale. Nelle aziende entra anche l’intelligenza artificiale, tecnologia a cui spetterà il compito di gestire nei prossimi anni robot, oggetti sempre connessi dell’Internet of Things e sistemi di cloud computing.

I tre miti da sfatare

L’Industria 4.0 è accompagna da alcuni miti difficili da sfatare anche tra gli addetti ai lavori. Il primo e più ovvio ruota attorno alle dimensioni dell’azienda. Molti pensano, infatti, che la quarta rivoluzione industriale sia qualcosa che riguarda solo le grandi società. È normale che le imprese con strutture più complesse abbiamo più interesse (e anche molte più risorse) da investire nell’Industria 4.0. Almeno nell’immediato. La digitalizzazione consente, infatti, di semplificare e velocizzare i processi produttivi. Ma non solo le sole.

Anche per le piccole e medie imprese l’Industria 4.0 è importante. I benefici sono gli stessi riservati ai “grandi nomi”: processi produttivi più efficienti, migliore gestione della logistica in entrata e in uscita, minori sprechi e rapporti con i clienti finali ottimizzati. Lo conferma anche un altro fatto: la crescita dell’automazione nelle PMI. Se non fosse così, sarebbe un problema, considerando che le piccole e medie imprese rappresentano il cuore dell’economia italiana ed europea.

Un altro mito che tiene banco riguarda l’incapacità di verificare l’impatto concreto della digitalizzazione. Non è proprio così. È sufficiente effettuare delle analisi serie. Ciò significa individuare quali settori devono essere interessati dal cambiamento; questo implica capire come la tecnologia può aiutare l’impresa a migliorare. Il mito nasce proprio da qui: molti credono che trasformarsi equivale a rinnovarsi dal punto di vista tecnico. Una società, piccola e grande che sia, ha bisogno, invece, di una strategia chiara e precisa.

Il terzo mito è collegato molto con quello precedente ed è più che altro una paura. La trasformazione digitale non è solo un fenomeno che ruota attorno ai robot o agli oggetti dell’Internet of Things. L’Industria 4.0 ha bisogno di nuovi talenti. Si crede che la tecnologia scaccerà via il fattore umano. In realtà, è il contrario. È vero che le macchine svolgono parte dei compiti portati avanti dai dipendenti, ma creeranno altri posti di lavoro. Le fabbriche cercheranno nuove figure da inserire, che siano in grado di operare con le nuove tecnologie, mentre il resto della forza lavoro dovrà solo riqualificarsi.

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