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La chiamano "Mano di Dio": cosa sappiamo sulla misteriosa struttura apparsa in cielo

Una misteriosa struttura è apparsa nella Via Lattea, e gli scienziati la chiamano "Mano di Dio": scopriamo qualcosa in più su questa suggestiva nebulosa.

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Un braccio spettrale sembra tendersi attraverso il cosmo, formato da gas e polveri interstellari e circondato da misteriosi bagliori rossi: si tratta della “Mano di Dio”, come gli scienziati l’hanno soprannominata per via della sua forma così suggestiva. In realtà, è un globulo cometario come tanti altri presenti nella nostra Via Lattea, sull’origine dei quali il dibattito è ancora aperto. Forse, questa splendida immagine potrà fare luce su questo piccolo mistero spaziale.

Che cos’è la “Mano di Dio”

La foto catturata dalla Dark Energy Camera (DeCam) installata sul telescopio spaziale Victor M. Blanco, presso il Cerro Tololo Inter-American Observatory del NoirLab, sembra proprio essere una mano misteriosa che si protende nello spazio, cercando di afferrare qualcosa di invisibile. Per questo motivo gli scienziati l’hanno chiamata “Mano di Dio”, un nome davvero evocativo. Ma il vero mistero non è la sua esistenza – sappiamo bene di cosa si tratta -, bensì il modo in cui questa struttura avrebbe avuto origine. Su questo, infatti, gli astronomi stanno ancora discutendo.

La “Mano di Dio” si trova nella costellazione della Poppa, a circa 1.300 anni luce di distanza dalla Terra, ed è conosciuta astronomicamente con il nome di Cg 4: si tratta di un globulo cometario, simile a tanti altri che si possono avvistare all’interno della Via Lattea. Solo pochi dettagli sono visibili nella foto. La testa polverosa del globulo cometario ha un diametro di 1,5 anni luce, mentre la coda debolmente illuminata è lunga circa 8 anni luce: è dunque un corpo celeste relativamente piccolo. Quella che appare alla sua sinistra è la galassia ESO 257-19: sembra quasi che la “Mano di Dio” stia per mangiarla, ma in realtà i due oggetti sono ad oltre 100 milioni di anni luce di distanza.

Si può inoltre notare il debole bagliore rosso dell’idrogeno ionizzato che si trova all’interno della testa del globulo cometario e tutt’intorno al suo bordo esterno. Ciò che lo provoca è l’eccitazione dell’idrogeno a seguito dell’incontro con le radiazioni delle stelle calde e massicce vicine. Queste stesse sono le responsabili della graduale distruzione della testa del globulo, le cui particelle si disperdono nello spazio. Tuttavia, il corpo è ancora abbastanza ricco di gas da alimentare la formazione di nuove stelle, alcune delle quali hanno la dimensione del Sole.

Le teorie sulla formazione dei globuli cometari

I globuli cometari sono una sottoclasse delle nebulose oscure chiamate globuli di Bok, ovvero dense nubi isolate di gas e polveri interstellari molto fredde, circondate da materiale caldo e ionizzato. La loro vaga somiglianza con le comete, delle quali possiedono una scia simile ad una lunga coda, ha spinto gli scienziati a chiamare questi oggetti globuli cometari. Sebbene siano stati avvistati in tutta la Via Lattea, la maggior parte di essi si trova all’interno della Nebulosa di Gum, un’enorme macchia di gas incandescente che si è formata da una supernova esplosa un milione di anni fa.

In che modo si originano i globuli cometari come Cg 4? Questo è ancora un mistero. Due sono le teorie formulate dagli esperti. Secondo la prima, le nubi sarebbero modellate dai venti stellari e dalla pressione delle radiazioni provenienti da stelle calde e massicce che si trovano nelle vicinanze. La seconda ipotesi, invece, si basa sulla possibilità che i globuli siano stati, originariamente, delle nebulose sferiche sconvolte dall’esplosione di una vicina supernova – proprio come potrebbe essere accaduto alla Nebulosa di Gum.

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