Revenge porn e cyberbullismo: quando in Rete si rischia la denuncia
Molti ritengono che il loro comportamento online, anche il più errato, non sia da considerarsi reato. La realtà, però, è tutt’altra

Molti, a volte, non si rendono conto né dei loro comportamento né delle possibili conseguenze che questo potrebbe avere. Considerano Internet una sorta di terra franca, un far west digitale dove tutto è concesso e, soprattutto, tutto è permesso. È vero l’esatto contrario: il web e i siti che lo compongono sono da paragonare a dei luoghi pubblici (una piazza o un bar, tanto per fare degli esempi) dove tutto ciò che si dice e tutto ciò che si fa può essere penalmente perseguibile. Nel caso si offenda o si diffami qualcuno, fa poca differenza che ci si trovi su Facebook o nel bar sotto casa: si potrà essere denunciati e andare incontro a un regolare processo. Discorso analogo in caso di bullismo, furti di identità e minacce o tentativi di ricatto: il fatto che ci si trovi in Rete non ci rende immuni di fronte agli occhi della legge.

E dire che, sin dalla sua creazione, nel World Wide Web vige una vera e propria etichetta – detta Netiquette – che specifica cosa si possa fare e cosa non si debba fare in Rete. Si va dal non scrivere tutto in maiuscolo (equiparato a parlare urlando) agli argomenti tabù, passando per gli atteggiamenti ritenuti sconvenienti e il registro di linguaggio che si deve tenere. Basterebbe adeguarsi a queste regole non scritte e fare un uso consapevole del web per evitare conseguenze peggiori, ma non sempre le cose vanno come dovrebbero. Come dimostrano alcuni casi, purtroppo, al peggio non c‘è mai fine.

L’anonimato e il “distacco” che la Rete garantisce si trasforma, in alcuni casi, in un senso di impunità tale da arrivare a pensare di poter fingersi qualcun altro o, addirittura, impossessarsi della sua identità. Utilizzare la foto di un utente di un social network pescandola dalla Rete o addirittura dal suo profilo, tentare di accedere al suo profilo “tirando a indovinare” la password, creare account finti spacciandosi per chi non si è sono comportamenti innocui solo in apparenza. Oltre a non rispettare i termini e le condizioni di utilizzo di Facebook (tanto per citare un social network), questa azione può configurarsi come falsificazione della propria identità, furto di proprietà intellettuale e furto d’identità. Una situazione che si aggrava ulteriormente nel caso si provi a rubare le credenziali di accesso al profilo: anche se l’utente utilizza una password non sicura, ciò non giustifica il comportamento e non autorizza a entrare negli account. Si rischia addirittura l’accusa di spionaggio industriale.

Diffusissimo tra i più giovani ma non solo, il cyberbullismo è uno degli atteggiamenti più gravi ed errati che si possano assumere online. Come confermano diversi casi di cronaca, le parole possono essere più pericolose di qualunque altra arma e possono spingere a decisioni drastiche e tragiche: i casi di suicidio causati dal cyberbullismo sono in crescita in tutto il mondo, Italia inclusa. Nel nostro Paese, secondo l’ultimo rapporto Moige, il cyber bullismo è un fenomeno in continua crescita. Nel 2014 il 52,7% dei ragazzi è stato preso di mira almeno una volta dai bulli. Le più colpite sono le ragazze. Da tempo le istituzioni e servizi web fanno fronte comune per tentare di contrastare e arginare il problema: Facebook, ad esempio, ha attivato un modulo di segnalazione ad hoc per casi di cyberbullismo, mentre in queste settimane è infatti in corso di definizione l’iter legislativo per affrontare la questione del cyberbullismo con una legge.

La traduzione suona, più o meno, come il “porno della vendetta” e si concretizza nella pubblicazione online (o nella diffusione tramite WhatsApp e altre app di messaggistica) di immagini o video di nudi senza il consenso della vittima, spesso per vendicarsi alla fine di una relazione o per screditare una persona dal punto di vista professionale. Si tratta di atti per cui le accuse possono essere molteplici, dal mancato rispetto delle leggi sul copyright all’accusa di molestie. Ancora più gravi, però, possono essere le conseguenze sulle vittime di questa violenza, fisica e psicologica: diverse le donne (anche in Italia) che hanno preferito togliersi la vita dopo essere diventate protagoniste involontarie e inconsapevoli del Revenge porn.