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SCIENZA

È stata rivelata la presenza di un buco nero "in agguato" nello spazio

I ricercatori lo hanno trovato per puro caso: c'è un buco nero di massa intermedia in agguato nei nostri cieli, che finora era passato inosservato. Si è rivelato divorando una stella sfortunata e manifestando la sua presenza in una galassia molto vicina alla Terra

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Lo abbiamo detto moltissime volte, ma vale davvero la pena ripeterlo: il buco nero è uno dei corpi celesti più misteriosi e al contempo inquietanti che gli scienziati abbiano avuto modo di osservare nei nostri cieli. Non stupisce, allora, che la presenza di uno di questi elementi così enigmatici e impenetrabili “in agguato” nell’universo abbia suscitato non poco clamore.

Cosa significa “in agguato”? Proprio ciò che immaginiamo: il buco nero recentemente osservato si trova in una zona dello spazio non troppo lontana dalla Terra e, fino ad adesso, era passato inosservato. A rivelare la sua presenza è stata la morte di una stella sfortunata, violentemente risucchiata dal suo campo gravitazionale.

Il misterioso bagliore nel cielo e l’ipotesi buco nero

Ma cos’è successo di preciso? In sostanza un gruppo di astronomi, astrofisici e ricercatori dell’UC Santa Cruz, del Niels Bohr Institute dell’Università di Copenaghen e della Washington State University stavano conducendo un’indagine finalizzata al rilevamento di esplosioni ed eventi astrofisici transitori. Per quanto possa sembrare straordinario, in realtà, questo tipo di studi è di routine: nel nostro cielo, infatti, le esplosioni cosmiche e quelle esplosioni stellari sono fisiologiche.

Ciò che però il team internazionale di scienziati non poteva immaginare è che per mezzo dell’osservazione con i telescopi Pan-STARRS (che catturano migliaia di curve di luce al secondo) avrebbero catturato un bagliore davvero misterioso, che ha brevemente eclissato tutta la luce stellare di una galassia nana lontana “solo” un milione di anni luce dalla  Terra. Gli scienziati sono stati subito d’accordo: solo un corpo celeste poteva produrre quel tipo di bagliore, ed era un buco nero intento a “mangiare”.

La stella divorata e il buco nero rivelato

Ciò ha, sul momento, creato un po’ di panico. Gli scienziati che conducevano l’indagine (inquadrata nell’ambizioso Young Supernova Experiment, macrostudio sulle energie transitorie che affollano l’universo) si sono chiesti come un buco nero potesse effettivamente trovarsi in quella galassia nana e com’è possibile che sia sfuggito alle rilevazioni precedenti. Prima di concludere che in quella zona dello spazio fosse presente questo arcano corpo celeste, hanno dunque svolto una serie di osservazioni, andando anche a ritroso e comparando le immagini rilevate dai telescopi.

Non ci sono stati dubbi: le immagini, fondamentalmente, catturavano il passaggio di una stella sfortunata che stava orbitando in quella zona. Nel momento esatto in cui la stella ha raggiunto uno specifico punto, il buco nero si è rivelato, attirandola drammaticamente a sé. L’ha poi squarciata e divorata, avviando il cosiddetto Tidal Disruption Event, che spaghettifica (sì, la riduce letteralmente in filamenti simili a spaghetti) la stella e provoca un bagliore di radiazioni elettromagnetiche: proprio il bagliore avvistato dagli scienziati.

Cosa ci rivela la presenza del buco nero “in agguato”?

Ma cosa ci rivela la presenza di questo buco nero precedentemente inosservato, rimasto nascosto per così tanto tempo? Secondo i ricercatori, la risposta è tanto semplice quanto avvincente e misteriosa: che i buchi neri hanno forme e dimensioni diverse, andando dai supermassicci che “ben” conosciamo a quelli minuscoli, passando per dimensioni intermedie. Sempre stando a ricercatoridell’UC Santa Cruz, del Niels Bohr Institute dell’Università di Copenaghen e della Washington State University, in particolare, il buco nero “in agguato” sarebbe proprio di dimensioni intermedie.

«Se riusciamo ad analizzare la popolazione di buchi neri di massa intermedia nell’universo -ha detto uno degli scienziati del team, Enrico Ramirez-Ruiz – comprendendo quanti ce ne sono e dove si trovano, possiamo finalmente capire se le nostre teorie sulla formazione di buchi neri supermassicci sono corrette e possiamo affinare le classiche tecniche di “caccia ai buchi neri”, che potrebbero essere più carenti di quanto immaginiamo».