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SCIENZA

C'è stata l'estinzione di centinaia di specie in questi ultimi anni. E non è un buon segno per il pianeta

L'estinzione di centinaia di specie di uccelli ha portato a conseguenze drammatiche, che chiaramente si riflettono sull'ambiente

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Quanto impattano le azioni degli esseri umani sul pianeta Terra? Può sembrare una domanda retorica perché sappiamo già che la risposta è tanto, troppo ma la verità è che, studio dopo studio, ciò che si scopre è che l’effetto nocivo è ancora più elevato di quanto si possa immaginare. Per esempio, una recente analisi ha dimostrato che l’estinzione di centinaia di specie di uccelli causata proprio dall’uomo porterà a conseguenze sempre più rilevanti.

La scomparsa di certe categorie di volatili implica infatti delle vere e proprie lacune che non possono più essere colmate. E considerando che nei prossimi secoli sono previste ulteriori perdite, occorre comprendere a fondo cosa potrà accadere e cosa fare per cercare di tamponare quelle che sembrano essere delle estinzioni inevitabili.

La ricerca della Birmingham University

Ma andiamo per ordine: lo studio sull’impatto dell’estinzione degli uccelli è stato condotto da un team di scienziati della Birmingham University. L’obiettivo degli studiosi era quello di dipingere un quadro approfondito e dettagliato delle conseguenze relative alla perdita globale della diversità funzionale e filogenetica dei volatili scomparsi.

In sostanza, gli scienziati volevano capire come e quanto la mancanza dei ruoli svolti in natura dagli uccelli scomparsi abbia generato danni e quanto tempo impiegano gli ecosistemi a riassestarsi. Sono state prese in esame 610 specie scomparse a causa dell’azione umana, ognuna con peculiarità specifiche.

L’autore principale, il professor Tom Matthews, spiega in modo chiarissimo quali sono gli esiti del lavoro di ricerca (pubblicato su Science): «Ogni specie aveva un lavoro o una funzione all’interno dell’ambiente. Alcuni uccelli controllavano i parassiti mangiando insetti, altri riciclavano la materia morta, altri mangiavano la frutta e disperdevano i semi consentendo a più piante e alberi di crescere. La loro assenza ha creato un vuoto che rende ancora più critica la situazione ambientale del pianeta».

La responsabilità umana

Un vuoto, dunque. Secondo lo studio non esistono sostituti in natura che possano andare a compensare la perdita di una specie. Ciò ha portato gli scienziati ad affermare che gli esseri umani hanno guidato e stanno guidando un’erosione globale della biodiversità. Quest’azione, irrispettosamente portata avanti per millenni e drasticamente peggiorata negli ultimi cento anni, ha causato la perdita di circa 3 miliardi di anni di storia evolutiva.

La responsabilità umana è ben documentata per specie di volatili come il dodo e come quella più recente del Moho braccatus  (dichiarato estinto nel 2023), eppure sono ancora poche le iniziative per invertire la rotta. Gli scienziati di Birminghan, nello studio, puntualizzano l’urgente necessità di sensibilizzare quante più persone possibili facendo leva anche sui numeri: attualmente la Terra ha perso il 7% della propria diversità funzionale aviaria globale.

Questa percentuale potrebbe sembrare irrisoria, ma è in realtà estremamente elevata ed è persino maggiore a quella che gli studiosi si aspettavano in base al numero di estinzioni documentate. Secondo i ricercatori, bisogna anche condurre degli studi per identificare con maggiore precisione tutte le funzioni ecologiche perse a causa dell’estinzione: solo in questo modo ci si potrà preparare a fronteggiare le conseguenze, che sono già in corso e che non tarderanno ad accumularsi e a farsi sentire in maniera sempre più persistente.

Le conseguenze

Sì, perché occorre ricordare che dal momento della scomparsa di una specie ciò che si innesca è un effetto domino, con tessere che vanno cadendo l’una dopo l’altra per un arco di tempo lunghissimo. In sostanza, data l’ampia gamma di importanti ruoli ecologici svolti dagli uccelli scomparsi, le conseguenze continueranno a far sentire i propri effetti e i propri riverberi per anni e anni.

Secondo gli studiosi, gli impatti includono una ridotta impollinazione dei fiori, una ridotta dispersione dei semi, il proliferare indiscriminato di insetti e parassiti in grado di danneggiare sensibilmente l’agricoltura e/o di fare da vettore per virus e infezioni. Ancora, il team del professor Matthews segnala che si potrebbe verificare un netto aumento delle epidemie, dovuto al ridotto consumo di carogne.

Infine, la riduzione delle dimensioni dell’avifauna globale documentata nella ricerca probabilmente influenzerà la capacità di molte specie vegetali di tracciare i cambiamenti climatici presenti e futuri. «I nostri risultati – conclude Matthews – devono essere un promemoria del fatto che le estinzioni non sono solo delle semplici “scomparse”. Dobbiamo prepararci a fronteggiare l’impatto delle prossime perdite: si stima che almeno altre 1.000 specie di uccelli scompariranno nei prossimi due secoli e dobbiamo imparare a prevedere cosa succederà».

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