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Neurotecnologia per rallentare l’invecchiamento: i nuovi dispositivi per mantenere giovane il cervello

Si parla spesso di neuromodulazione e si associa immediatamente una delle attività di Elon Musk, Neuralink: in realtà, la tecnica esiste già da anni e per alcune applicazioni può essere usata in autonomia con strumenti molto semplici.

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La neuromodulazione ha già catturato l’attenzione di Elon Musk, che da quando ha parlato dell’installazione su una persona del suo impianto cerebrale Neuralink ha scatenato la curiosità e l’interesse di molti. Nonostante se ne parli tanto solo ora, non si tratta di una procedura del tutto nuova, anzi, viene già considerata un’opzione di trattamento per malattie come il parkinson, tic e anche depressione e disturbo ossessivo compulsivo, ovviamente associata ad altre terapie mediche e psicologiche.

Cosa è la neuromodulazione e perchè se ne parla

Online si è iniziato a parlarne soprattutto da quando l’imprenditore di fama mondiale e fondatore di aziende come SpaceX e Tesla, Elon Musk, ha cofondato Neuralink, startup di neurotecnologie incentrata sullo sviluppo di interfacce neurali, per collegare il cervello umano con l’intelligenza artificiale, inserendo direttamente un device al suo interno. Grazie a questa tecnologia, a marzo un uomo negli Stati Uniti ha potuto giocare a scacchi utilizzando solo la sua mente, nonostante la paralisi subentrata nella sua vita da diversi anni. 

Quella della neuromodulazione, portata all’estremo dall’idea di Musk, è in realtà una pratica diagnostica e terapeutica che prevede diverse modalità di stimolazione in grado di attraversare scalpo e cranio della persona. L’obiettivo è promuovere la plasticità neuronale, favorendo la replicazione e la creazione di nuove sinapsi, cioè connessioni tra neuroni, inviando impulsi elettrici al cervello tramite elettrodi.

Sorprendentemente non invasiva e ricca di presunti benefici per la salute, potrebbe rappresentare l’ultima tendenza tecnologica per migliorare la nostra vita. In pratica, si utilizzano stimoli fisici, magnetici, elettrici e luminosi per attivare le strutture implicate nella neurogenesi. Oltre a quelli nei laboratori, oggi, si sono diffusi molti dispositivi utilizzabili anche in autonomia che partono da questa base scientifica e si stanno diffondendo per i loro effetti positivi tra cui, forse in futuro, anche il rallentamento del processo d’invecchiamento.

Esempi pratici di applicazione della neuromodulazione

L’azienda Parasym, ad esempio, afferma che i suoi device, somiglianti a semplici auricolari per la forma, possono migliorare significativamente la qualità di vita e, in particolare, le capacità mentali senza nemmeno uscire di casa (o alzarsi dal divano). Sono infatti composti da un elettrodo di stimolazione da porre sull’orecchio e una sorta di telecomando per regolare l’attività di specifiche aree del cervello e scegliere la durata della sessione, ad esempio diminuendo i segnali del dolore prendendo di mira il nervo vago.

In altre parole, è un tipo di tecnologia che altera l’attività nervosa fornendo segnali elettrici a un’area bersaglio: possiamo immaginarla come un interruttore che aumenta o diminuisce l’attività di specifici nervi o regioni del cervello. Anche se sembra “troppo bello per essere vero”, stanno arrivando i primi riscontri dalla ricerca di università come UCL, Harvard e University College di Londra. Questa stimolazione del sistema nervoso potrebbe essere infatti collegata al rallentamento dell’infiammazione cronica, un processo che contribuisce direttamente all’invecchiamento. Inoltre, sembrerebbe in grado di migliorare le funzioni cardiovascolari di chi la utilizza, quindi un giorno gli esperti tra dieta sana, sudoku e passeggiate potrebbero consigliare anche la neuromodulazione per tenerci giovani.

La ricerca non si ferma

Trovandoci in un ambito ancora poco approfondito, per stabilire collegamenti certi servono molte più ricerche che integrino conoscenze ingegneristiche, elettroniche, neuroscientifiche e mediche per stabilirlo. In futuro dovremo poi affrontare ulteriori sfide che riguarderanno il miglioramento dei materiali, l’elettronica e, soprattutto, la sicurezza e la riservatezza dei dati registrati, insieme al ragionamento sui limiti etici, in quanto queste tecnologie rappresentano una nuova frontiera nell’integrazione tra cervello umano e macchine e ci spingono a riconsiderare le nostre conoscenze sull’identità, sul sé e anche sulla responsabilità personale.

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