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Il down di Facebook ha portato 70 milioni di utenti a Telegram

L’interruzione dei servizi di Facebook e delle altre app dell’azienda ha portato a uno spostamento in massa di milioni di utenti, ma non solo. Ecco cosa è successo.

telegram Fonte foto: G.Tbov / Shutterstock

È durato sei ore il down che nella giornata di lunedì 4 ottobre ha visto completamente bloccate le funzionalità di Facebook, Instagram e WhatsApp. Sei ore che hanno avuto il loro peso non solo sul trio di compagnie sotto l’ala di Mark Zuckerberg, ma anche sugli utenti a livello globale che si sono spostati altrove per rimanere in contatto con il prossimo.

A pagare le spese del blocco dei sistemi dei due social network e dell’app di messaggistica istantanea non sono stati però solo gli utenti, impossibilitati ad accedere alle rispettive piattaforme, ma pure le compagnie connesse alle app congelate, almeno secondo le prime indiscrezioni emerse a distanza di alcune ore dal ripristino del funzionamento. Infatti, come comunicato dal CEO di Telegram, l’applicazione ha assistito alla crescita del suo pubblico con 70 milioni di nuovi iscritti, tutto in un unico giorno. Una cifra alta e inconsueta, figlia della complessa situazione vissuta in quei momenti problematici.

Telegram, un down fortunato

Stando a quanto riportato da TechCrunch, il papà di Telegram avrebbe inviato una comunicazione attraverso il proprio canale sottolineando che l’app ha “accolto oltre 70 milioni di rifugiati provenienti da altre piattaforme in un giorno”. In aggiunta alle iscrizioni, la piattaforma ha dovuto tenere botta anche all’incremento di traffico, connesso all’aumento esponenziale degli utilizzatori.

Sono orgoglioso di come il nostro team ha gestito la crescita senza precedenti perché Telegram ha continuato a lavorare in modo impeccabile per la stragrande maggioranza dei nostri utenti”, ha scritto Pavel Durov nel messaggio. “Detto questo – ha aggiunto il CEO – alcuni nelle Americhe potrebbero aver riscontrato una velocità più lenta del consueto poiché milioni di utenti di tali continenti si sono affrettati a iscriversi a Telegram”.

Telegram e WhatsApp, la lotta continua

La rivalità tra le due piattaforme è ormai cosa nota da tempo. WhatsApp è stata e resta una delle app di messaggistica più apprezzate del globo, raggiungendo lo status di più utilizzata in alcuni Paesi del mondo tra cui il Brasile. Come accaduto in passato, le interruzioni del servizio spingono ogni volta gli utenti sui competitor sul mercato, cioè Telegram, Signal e iMessage, dedicata agli utenti con device targati Apple.

Ciò a cui invece capita di rado di assistere è la migrazione di masse di utenti così imponenti. Si tratta di fenomeni più rari ma che, in questo caso, potrebbero trovare una spiegazione nel blocco di tre fra i principali canali a livello mondiale, Facebook (con la sua costola Messenger) e WhatsApp in testa. Non potendo ripiegare alternativamente su una o l’altra applicazione, gli iscritti sono stati costretti a optare per differenti realtà, trovando in Telegram una rapida e già ben diffusa soluzione.

Facebook down, anche a Wall Street

Di certo la questione ha fornito una spinta di notevole entità agli indecisi che, alla luce delle diverse feature presenti su Telegram, potrebbero decidere sulla lunga distanza di rimanere sulla piattaforma dell’aeroplanino di carta. Non è una buona notizia per Zuckerberg che, durante per il misfatto, ha visto crollare di 6 miliardi di dollari il suo patrimonio, tanto da farlo retrocedere al 5 posto della lista dei paperoni più ricchi del mondo di Bloomberg.

Le azioni del gruppo, scese del 4,9% solamente nella giornata di lunedì, danno un ulteriore colpo alla caduta del 15% in atto già da metà settembre. Cosa c’è dietro? Sicuramente non esclusivamente problemi tecnici, ma pure alcuni fatti legati alla fuoriuscita di documenti privati recentemente portati sotto i riflettori da un’informatrice.

Non ci sarebbero da combattere solo i bug tecnologici per i prodotti del magnate, ma questioni come l’influenza negativa di Instagram sulla salute mentale delle adolescenti e il giro di fake news sugli scontri avvenuti lo scorso 6 gennaio al Campidoglio di Washington, informazioni contenute nei report diffusi dalla whistleblower che avrebbero attirato le attenzioni del governo Usa.

Cosa accadrà in futuro? Staremo a vedere. Per ora, ciò che più fa drizzare le antenne agli esperti è sapere quanti nei prossimi giorni abbandoneranno le sponde di Telegram per fare ritorno ai vecchi lidi. Non resta, dunque, che attendere.