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SCIENZA

Anche il National Trust lancia l'allarme sul clima estremo: le zone più a rischio

Un'altra voce autorevole si solleva per sottolineare gli impatti drammatici del clima estremo: è quella del National Trust

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Continuano a susseguirsi gli allarmi sulle conseguenze del clima estremo: scienziati, studiosi e ricercatori da ogni parte del mondo stanno tentando di mantenere alta l’attenzione sul cambiamento climatico, mostrando quelli che sono i danni attuali e prospettando devastanti avvenimenti futuri.

L’ultima voce a sollevarsi, in ordine di tempo, è quella del National Trust, organizzazione di beneficenza e tutela del patrimonio attiva in Gran Bretagna: gli esperti del Trust hanno espresso preoccupazione per alcune tenute in Inghilterra e Galles, che sembrano destinate a una drammatica scomparsa.

L’allerta del National Trust

Per la precisione, il National Trust ha rilasciato un comunicato stampa spiegando cosa è accaduto nel corso del 2024 e come e quanto la crisi climatica abbia impattato sulle proprietà gestite dall’organizzazione: grandi appezzamenti di terreno dove non solo sono allocate delle dimore storiche, ma che comprendono anche aree boschive, aree paludose e piccole foreste.

Restituendo una cronologia degli eventi stagione per stagione, il Trust ha anche realizzato uno specchietto riguardante la fauna selvatica, dove elenca vincitori, vinti e risultati contrastanti. Nel presentare l’analisi complessiva (e dunque l’allerta) Keith Jones, Climate Change Adviser ha spiegato che nell’arco di un solo anno sono stati rilevati diversi «estremi, dai diluvi alla siccità, passando per modelli mutevoli».

«Non si tratta di novità assolute – ha precisato Jones – in quanto si tratta di modelli che avevamo già previsto in precedenza, ma ora stiamo vedendo l’impatto sui paesaggi, sulla natura e sui luoghi di cui ci prendiamo cura».

Le criticità e le problematiche connesse

Scendendo ancor più nel dettaglio, il Trust ha analizzato tutte le criticità connesse al cambiamento climatico. La prima osservazione riguarda «la crescente omogeneizzazione del meteo, che sta rendendo meno nette le distinzioni tra le stagioni. Ciò rappresenta una sfida per molte specie di insetti e per i loro predatori».

Proprio gli insetti sono considerati a estremo rischio: il Trust ha infatti rilevato che i numeri delle varie popolazioni sono sotto la norma, con particolari picchi negativi per farfalle, falene, api e vespe. Ciò ha influito negativamente anche sulla presenza dei rospi, quasi scomparsi in molte delle tenute gestite dall’organizzazione.

Un’altra criticità riguarda gli eventi meteorologici estremi come le piogge torrenziali, i fortissimi venti, le tempeste, le bufere e le gelate: «molte tenute presentano giardini e fioriture non in grado di fronteggiare queste situazioni». Non solo: il mutamento del clima ha anche portato a fioriture precoci o tardive, cosa che tende a confondere gli animali e a provocare impatti di rilievo su tutti gli ecosistemi.

L’invito ai Paesi del mondo

Nel concludere l’analisi, il Trust ha voluto sottolineare che non esistono soluzioni facili per quello che sta accadendo. Ci vuole un’azione drastica e congiunta, con misure da mettere in atto nel più breve tempo possibile. «I nostri paesaggi – si legge nel comunicato stampa – devono essere in condizioni adatte o favorevoli per resistere meglio a questi cambiamenti».
«I Paesi di tutto il mondo – si legge infine – devono fare di più per ridurre drasticamente le emissioni di carbonio: solo così potremmo sperare di evitare le conseguenze peggiori del riscaldamento globale».

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