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Qualcomm, guai in vista: pratica aperta dall'antitrust statunitense

La Federal Trade Commission (FTC) ha denunciato Qualcomm per abuso di posizione dominante nel settore della produzione di chip per la telefonia mobile

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L’FTC, l’ente federale per il commercio degli Stati Uniti, accusa il colosso di San Diego di “tattiche anti competitive con l’obiettivo di mantenere il monopolio” nella fornitura di chip baseband (modem integrato nei processori Snapdragon) per effettuare il collegamento alle reti degli operatori telefonici.

Qualcomm detiene diversi brevetti relativi a tecnologie standard – in gergo chiamati FRAND – che, in altri termini, dovrebbero essere concessi in licenza alle aziende concorrenti nel rispetto di termini “equi, ragionevoli e non discriminatori“. L’FTC sostiene che il chipmaker californiano abbia, invece, costretto i produttori ad accettare condizioni ingiuste, irragionevoli e discriminatorie facendo leva sulla sua posizione dominante nell’ottica di danneggiare e indebolire i propri competitor e, nello specifico, Intel. Una politica di monopolio che – secondo l’FTC – colpiva tutti: concorrenti, produttori di smartphone e consumatori.

FCC accusa Qualcomm: comportamento sleale e monopolista

Le indagini sono ancora in corso ma, l’accusa della Federal Trade Commission non va presa alla leggera da Qualcomm che è reduce da accuse simili in Corea del Sud nel 2016 – dove ha sborsato 850 milioni di dollari – e in Cina nel 2015 dove è stata multata per la bellezza di circa un miliardo di dollari. Questa sarebbe la terza indagine, quindi, per Qualcomm. Il chipmaker, per chiarire ancora meglio la questione, imponeva ai concorrenti non solo termini di licenza onerosi per l’utilizzo delle sue tecnologie nei chip di altri produttori dell’industria delle telecomunicazioni, ma anche royalties a prezzi tutt’altro che equi, ragionevoli e non discriminatori. Una politica che faceva di certo arricchire Qualcomm, ma costringeva gli altri supplier a un aumento dei prezzi, impedendo ad alcuni di entrare addirittura nel settore. E i costi di tutto questo stratagemma ricadevano, ovviamente, sulle spalle dei consumatori a loro insaputa.

Apple in trappola

C’è poi il capitolo dedicato ai produttori di smartphone, tablet e affini. Il motto, in questo caso, era “No license, No chip“. Nell’indagine in corso è saltato fuori il caso di Apple. Il colosso di Cupertino sarebbe stato – il condizionale in questa faccenda è sempre d’obbligo – obbligato a stipulare un accordo di esclusiva con Qualcomm per tutti gli iPhone prodotti dal 2011 al 2016. E il chipmaker, per premiare questa fedeltà durata ben cinque anni, avrebbe concesso a Cupertino royalties più basse. Le specifiche tecniche dei prodotti lo confermano: solo modem Qualcomm fino all’iPhone 7 quando Apple ha deciso di tagliare il “cordone ombelicale” con il produttore di chip di San Diego e usare anche prodotti Intel. Chi a differenza di Apple, si è rifiutata di stare al gioco “niente licenze, niente chip” si è imbattuta in penali piuttosto pesanti o perso l’accesso all’uso dei brevetti fondamentali Qualcomm.

Qualcomm si difende dalle accuse

Il chipmaker di San Diego ha ribattuto alle accuse dell’FTC con un comunicato ufficiale in cui nega di aver mai abusato della sua posizione dominante come fornitore di chip baseband per imporre licenze a prezzi ingiusti e anti-competitivi a concorrenti e produttori di telefoni cellulari. E di non aver mai estorto l’esclusiva a nessuna azienda. Le verifiche sono ancora in corso, quindi, vedremo come questa ennesima accusa contro Qualcomm andrà a finire.