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SCIENZA

Scoperto un nuovo buco nero divoratore nello Spazio: ecco come si comporta e cosa sta distruggendo

Un team di ricercatori della NASA ha analizzato tutte le informazioni su un misterioso buco nero "divoratore" e ha rimesso in discussione delle vecchie convinzioni

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Una delle cosa più interessanti dell’avanzamento del processo tecnologico e, in particolare, scientifico, è che tutto può essere rimesso in discussione, ed è esattamente questo che è successo quando un gruppo di ricercatori ha avvistato un “nuovo” buco nero divoratore, famelico e in piena attività. Sì, perché (ovviamente) non si tratta di un oggetto celeste nato di recente: più semplicemente gli strumenti con cui in passato si osservava la galassia che lo ospita non erano abbastanza all’avanguardia per identificarlo e scoprire tutte le sue particolarità.

Pur non trattandosi di un corpo spaziale inedito, però, il buco nero in questione mostra delle specifiche estremamente interessanti, che non solo lo stanno rendendo oggetto di studio ma sta anche dando alla comunità scientifica diverse ragioni per riesaminare dati passati che, forse, potrebbero essere rivisti sotto una nuova luce.

Lo studio sulla galassia di Andromeda

Ma andiamo per ordine. Gli scienziati della NASA stanno svolgendo in modo più che mai intensivo degli studi e delle ricerche relative ai buchi neri, che come ben sanno gli appassionati sono fra i corpi celesti più misteriosi, spaventosi e allo stesso tempo accattivanti presenti nell’Universo. Questi studi richiedono non solo un’enorme livello di conoscenza e consapevolezza in campo astrofisico e astronomico, ma necessitano anche di svolgere degli approfondimenti su tutti i dati raccolti finora.

Ciò significa, sostanzialmente, mettere in discussione anche quelle che possono sembrare delle certezze. Nel caso specifico, gli scienziati hanno riesaminato con grande attenzione tutte le informazioni provenienti dalla galassia di Andromeda, proprio per esaminare il buco nero che si trova al suo centro. Per farlo, i ricercatori hanno usato i dati raccolti dal telescopio spaziale Spitzer tra il 2003 e il 2020 e quelli più attuali e aggiornati, raccolti dal telescopio spaziale Hubble.

Il buco nero divoratore

Spitzer aveva sondato e studiato la galassia di Andromeda prendendo in esame la luce infrarossa, invisibile agli occhi umani, e raccogliendo i dati sulle sue diverse lunghezze d’onda. Proprio queste lunghezze d’onda, riviste utilizzando Hubble, hanno rivelato diverse caratteristiche della galassia,  mettendo in evidenza fonti di luce più calde, come le stelle, e fonti più fredde, come la polvere spaziale o interstellare.

Separando queste lunghezze d’onda e osservando solo le polveri, gli scienziati sono stati in grado di vedere perfettamente lo “scheletro” della galassia, ovvero i luoghi in cui il gas si è unito, diventando coeso e freddo e creando tutte le condizioni ideali per la formazione delle stelle. Ma non è tutto qui, perché proprio questi flussi di polvere, lunghi migliaia di anni luce, fluiscono verso un buco nero supermassiccio che sembra proprio nutrirsi di una parte di loro.

È proprio questo a cambiare le certezze su Andromeda, perché fino a poco tempo fa si pensava che il buco nero si nutrisse soltanto di gas. Invece, secondo le simulazioni degli scienziati, accanto al buco nero si crea una sorta di piccolo disco di gas caldo che comprende le polveri e che è in grado di alimentarlo continuamente. Questo spiegherebbe anche perché, nonostante Andromeda sia una galassia a spirale come la Via Lattea, il suo spazio sia dominato da un grande anello di polvere piuttosto che da bracci distinti che ne circondano il centro.

Le implicazioni dello studio

«Questo è un ottimo esempio di come riesaminare i dati d’archivio ci porti a rivelare sempre qualcosa di più sulla dinamica delle galassie», ha affermato Almudena Prieto, astrofisica presso l’Istituto di Astrofisica delle Isole Canarie e l’Osservatorio Universitario di Monaco, oltre che coautrice dello studio sul buco nero. E ha concluso dicendo: «Dati vecchi di 20 anni potrebbero non essere obsoleti, perché ci comunicano informazioni che non avevamo riconosciuto quando li abbiamo raccolti per la prima volta».

Il riesame dei dati sui buchi neri, dunque, continuerà senza sosta, perché potrebbe essere uno dei modi per venire a capo di alcuni dei più grandi misteri dell’Universo.

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