Questa specie di scarafaggio si è diffusa in tutto il mondo: ora sappiamo come
Lo scarafaggio più comune nel mondo è "tedesco", ma un nuovo studio cambia tutto: cosa sappiamo realmente sull'origine di questa specie.
Spesso si ironizza su creature come gli scarafaggi, detestati da molti ma considerati dei veri “Highlander”. Avrete certamente sentito dire che sono in grado di resistere a un disastro nucleare (cosa parzialmente vera) o ancora che possono continuare a vagare senza la testa o sopravvivere senza nutrirsi addirittura per un mese. Gli scarafaggi ci seppelliranno tutti? Forse non sarà proprio così ma, grazie a un recente studio, abbiamo finalmente risolto il mistero di una delle specie più diffuse sulla Terra e in Europa, la Blattella germanica. Che, a quanto pare, di “tedesco” avrebbe ben poco.
Nuovo studio sulla Blattella germanica
Si contano oltre 4.000 specie di scarafaggi in tutto il mondo ma tra queste senza dubbio una delle più diffuse è la Blattella germanica, presente massicciamente anche in Europa. Per dirlo in modo semplice, si tratta proprio del classico scarafaggio comune di colore marrone chiaro/rossiccio, chiamato anche “mangiapane” o “fuochista” perché predilige gli ambienti caldi e umidi.
Il nome scientifico della specie suggerisce un’origine europea, tedesca per la precisione. Eppure quando il biologo svedese Linneo la classificò nella seconda metà del Settecento, questo scarafaggio era giunto in Germania appena due decenni prima. La Blattella germanica non è una “nostra” specie e si è diffusa in Europa e nelle Americhe con un lungo percorso di migrazione che un team di ricercatori internazionali finalmente sembra aver confermato.
Secondo quanto emerge dalla ricerca Solving the 250-year-old mystery of the origin and global spread of the German cockroach, pubblicata lo scorso 20 maggio sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, il “dominio” di questa specie è iniziato dall’Asia.
Risolto il mistero delle origini dello scarafaggio comune
Gli scienziati avevano già scoperto specie affini alla Blattella germanica tra Africa e Asia e avevano ipotizzato che, in effetti, vi potesse essere un legame genetico. Erano in molti a credere che la specie tipicamente europea potesse essere il risultato della migrazione, adattamento e quindi evoluzione di specie più antiche provenienti da lontano. C’era un solo problema: non potevano provarlo.
“Abbiamo prelevato campioni di DNA da 281 scarafaggi in 17 Paesi in tutto il mondo. Poi abbiamo confrontato le sequenze di DNA per una particolare regione genetica, chiamata CO1. Questo è noto come ‘codice a barre del DNA’ – hanno spiegato gli autori principali dello studio -. Quando abbiamo confrontato lo scarafaggio tedesco con specie simili provenienti dall’Asia, abbiamo trovato una corrispondenza. La sequenza della blatta tedesca era quasi identica a quella della Blattella asahinai del Golfo del Bengala. Oltre l’80% dei nostri campioni di scarafaggi tedeschi corrispondevano perfettamente. Il restante 20% differiva appena. Questo significa che le due specie si sono differenziate l’una dall’altra solo 2.100 anni fa: un batter d’occhio in termini evolutivi”.
Come si è diffusa la Blattella germanica
Il team di ricerca ha scoperto, dunque, che lo scarafaggio “tedesco” è strettamente imparentato con la specie asiatica paragonandoli a livello evolutivo al cane (il primo) e al lupo (il secondo). Secondo l’analisi pubblicata nello studio lo scarafaggio asiatico si è diffuso dall’Asia all’Europa in prima battuta circa 1.200 anni fa, affrontando poi una seconda ondata migratoria circa 390 anni fa.
E in parte la responsabilità di tutto questo sarebbe proprio nostra. Vivendo in un habitat caldo e umido, avevano bisogno di un nuovo ambiente con caratteristiche simili e contestualmente gli umani avevano sviluppato sia migliori tecnologie di riscaldamento domestico che mezzi di trasporto più rapidi. Questi due fattori avrebbero, dunque, contribuito alla diffusione dello scarafaggio asiatico in Europa e poi nelle Americhe. Ma c’è di più perché la specie ha dimostrato di avere una enorme capacità di adattamento, sviluppando sia una forte resistenza agli insetticidi (cosa che continua a fare, con l’introduzione di nuove sostanze) che una strategia di foraggiamento che consenta loro di nutrirsi anche in condizioni di privazione.