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SCIENZA

Zucchero nell'oceano, la scoperta bizzarra: come ci è finito

Nei fondali oceanici c'è molto più zucchero di quanto si potrebbe immaginare, come accertato dal Max Planck Institute for Marine Microbiology

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In fondo agli oceani ci sono riserve di zucchero Fonte foto: iStock

Il fondo degli oceani è più bizzarro di quello che si potrebbe immaginare. Il cartone animato “La Sirenetta” ci ha insegnato come a queste profondità ci si diverta e accada praticamente di tutto, ma quello che è stato scoperto di recente supera ogni immaginazione. Chi avrebbe mai pensato, infatti, che ci siano persino delle vaste riserve di zucchero?

La novità è diventata ufficiale grazie alla scoperta del Max Planck Institute for Marine Microbiology di Brema. Gli oceani sono a rischio, anche se si è ancora in tempo per evitare la catastrofe, ma cosa significa la presenza di quelle che sono vere e proprie “praterie”? Come è stato descritto dai ricercatori, si sta parlando di fanerogame, piante marine molto speciali.

In pratica, queste piante così particolari sono in grado di immagazzinare un quantitativo impressionane di zucchero, per la precisione al di sotto delle loro fronde che ondeggiano appunto in fondo agli oceani. Volendo essere ancora più specifici, il saccarosio è presene nel terreno sottostante, in corrispondenza delle radici. I numeri fanno ben capire quanto ce ne sia: si sta parlando di un totale che è 80 volte superiore rispetto a tutti gli altri fondali marini. Si supera facilmente il milione di tonnellate di saccarosio, l’equivalente di ben 30 miliardi di lattine di una qualsiasi bibita gassata. Come si produce esattamente lo zucchero in questione?

Metabolismo più veloce

Il mondo ha un quinto oceano, come accertato di recente, dunque si può immaginare quanto saccarosio sia presente in questi fondali. Lo zucchero di cui si sta parlando si produce grazie alla fotosintesi delle fanerogame. Le piante, infatti, sfruttano gran parte degli zuccheri quando la luce è mediamente potente, per accelerare il metabolismo e favorire la loro stessa crescita. Con la luce ancora più intensa, poi, le fanerogame riescono a produrre ancora più zucchero, il quale viene rilasciato nella cosiddetta rizosfera, la porzione di suolo che circonda le radici delle piante (quella da cui assorbono i nutrienti principali).

Composti protettivi

C’è però un altro particolare che vale la pena approfondire. Secondo quanto riferito dagli esperti del Max Planck Institute for Marine Microbiology di Brema, lo zucchero in eccesso a cui si è appena fatto riferimento non viene “mangiato” dai microrganismi presenti negli oceani. In realtà continua a rimanere nel fondale, grazie ad alcuni composti delle piante marine che lo proteggono e che servono ad inibire il metabolismo. Queste piante sono addirittura in grado di aspirare il doppio del carbonio di una foresta sulla terraferma, con una velocità di oltre 30 volte superiore.

L’importanza della scoperta è stata rimarcata più volte dagli stessi autori. In particolare, questo studio contribuirà a comprendere meglio gli habitat costieri più critici dell’intero pianeta. In aggiunta, le novità sullo zucchero in fondo al mare ha fatto capire quanto sia fondamentale preservare gli ecosistemi di carbonio blu, un dettaglio su cui spesso non si pone l’accento. Resta il fatto di come i nostri oceani siano sorprendenti di giorno in giorno, come ben testimoniato dalle nuove specie animali mai viste prima e avvistate per la prima volta soltanto poche settimane fa. Di sicuro il fondo al mare non ci si annoia mai.

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