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Cos'è l'esposizione fotografica e come gestirla

Per ottenere foto con una buona quantità di luce bisogna effettuare una giusta esposizione fotografica: ecco in cosa consiste, i vari tipi e come funzionano.

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in cosa consiste l'esposizione fotografica Fonte foto: Shutterstock

Quando si scatta una fotografia, che dal greco significa scrittura di luce (dove foto è luce), la luce è la prima componente che bisogna imparare a gestire. Quella che sta alla base dell’esistenza stessa dell’immagine fotografica. Quando scattiamo una foto, non facciamo altro che aprire quello che si chiama in termine tecnico otturatore, posto dietro all’obbiettivo, permettendo così alla luce di colpire un sensore all’interno della nostra macchina fotografica, che sostituisce la vecchia pellicola che era estremamente sensibile appunto alla luce, fissandosi in un’immagine statica di ciò che si trovava davanti al nostro obiettivo in quel preciso momento.

L’esposizione fotografica è dunque il parametro che ci permette di controllare la quantità di luce che effettivamente l’otturatore lascia entrare all’interno. Questa è la base di quell’arte estremamente moderna, nata poco meno di un secolo e mezzo fa, che si chiama fotografia. Scopriamo ora come ottenere fotografie con una corretta esposizione, in modo che non risultino troppo scure (sottoesposte) o troppo chiare (sovraesposte).

Come gestire l’esposizione fotografica

Il modo più semplice per controllare l’esposizione è semplicemente guardare dentro il mirino della vostra macchina fotografica. Su uno dei lati dello schermo è presente una scala graduata detta esposimetro dotata di puntatore. Se il puntatore indica lo zero, l’esposizione è corretta, mentre se si trova sul lato sinistro la foto risulterà scura o, viceversa (puntatore spostato sul lato destro) sovraesposta. Oltre all’esposimetro, i componenti o parametri che vi permettono di gestire in maniera dinamica l’esposizione della vostra macchina fotografica sono il diaframma, il sensore e l’otturatore.

Le moderne macchine fotografiche digitali permettono un’impostazione manuale dei tre parametri oppure automatica, mediante dei settaggi prefissati decisi in base alle condizioni (giorno/notte) o alla tipologia di foto da scattare (ritratto/panorama). Modificando questi tre parametri, varierà l’esposizione, e di conseguenza la posizione del puntatore sull’esposimetro. Nel momento dello scatto, il sensore assorbe l’immagine che passa attraverso l’obiettivo grazie alla luce. Tra l’obiettivo e il sensore troviamo poi in sequenza diaframma e otturatore. Il primo è una sorta di apertura sulla quale si può andare ad agire: più largo lo teniamo, più luce entrerà al momento dello scatto.

Il diaframma, il cui valore è espresso da un’unità di misura detta rapporto focale (f/x) determina anche la profondità di campo della foto (lungo o stretto), la porzione di immagine che sarà dunque a fuoco. L’otturatore, invece, è una specie di tendina o saracinesca che si apre solo al momento dello scatto, come abbiamo visto. Ne determina, dunque, il tempo, espresso in frazioni di secondo. Anche in questo caso, variando il tempo in cui l’otturatore deve rimanere aperto, andiamo a variare la quantità di luce che andrà poi a colpire il sensore all’interno.

Dalla combinazione di questi 3 elementi nasce l’arte espressa in ogni singolo scatto dal fotografo professionista, determinando non solo l’esposizione, ma anche il risultato finale, tecnico ma soprattutto estetico, che caratterizzerà la foto.

Esposizione fotografica: sensore e sensibilità ISO

L’ISO, tendenzialmente misurato con valori che partono da un minimo di 100 per poi muoversi a potenze di due (200, 400, 800 e 1600), regola quanto il sensore è ricettivo alla luce. Più alto è il valore, maggiore è la quantità di luce che il sensore sarà in grado di catturare. Se è buio, bisognerà di conseguenza aumentare l’ISO. Se è una bella giornata di sole, viceversa, lo si abbasserà. Per inciso, aumentando l’ISO l’immagine però perde di nitidezza, risultando sgranata.

In questo caso bisogna valutare la qualità del sensore, dunque la qualità della fotocamera stessa. Per essere di buona qualità dunque, la fotocamera deve essere in grado di realizzare foto nitide anche con ISO piuttosto elevati. All’epoca della pellicola, la sensibilità era data dal tipo di pellicola che si intendeva acquistare. Con l’avvento delle macchine fotografiche digitali bisogna semplicemente regolare l’ISO del sensore situato all’interno spingendo un semplice tasto.

Esposizione fotografica: diaframma e apertura

L’apertura del diaframma determina l’ampiezza del foro dietro al quale è posizionato il sensore. L’apertura, che come abbiamo visto influenza anche la profondità di campo da dare all’immagine, ragiona al contrario. Più alto è il valore impostato davanti alla f dell’unità di misura, minore sarà l’effettiva apertura del foro e dunque minima sarà la quantità di luce che raggiungerà il sensore al momento dello scatto. Ad esempio un f/1,4 lascia entrare molta luce, un f/32 molto meno; la maggior parte delle fotocamere tradizionali parte con aperture f/2,8 o f/4.

Esposizione fotografica: otturatore e tempi di scatto

Il parametro per così dire determinato dall’otturatore è il cosiddetto tempo di scatto, o di esposizione, ovvero l’intervallo di tempo durante il quale l’otturatore rimane aperto e il sensore viene dunque lasciato esposto alla luce. Meno luce è presente nell’ambiente circostante, maggiore dovrà essere l’intervallo di tempo per permettere alla luce di colpire il sensore. Il tempo di scatto influenza molto, per forza di cose, la resa del movimento all’interno della nostra fotografia.

Un tempo di esposizione ridotto tenderà a cristallizzare l’oggetto in movimento, che risulterà in foto fermo e nitido, viceversa se si aumenta il tempo di esposizione, il sensore lo coglierà con una striscia di movimento, con una perdita di nitidezza che sarà da aggiustare, fino a un autentico motion blur che enfatizzerà il movimento creando effetti particolari.