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SCIENZA

Sta succedendo qualcosa ai nostri mari. E non è un buon segno

I nostri mari non smettono di riscaldarsi, un allarme che riguarda in particolare gli oceani, le cui temperature destano preoccupazione

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Nel 1977 Lucio Dalla ci ricordava come fosse profondo il mare: a distanza di oltre quattro decenni, non è soltanto questo aggettivo che purtroppo va associato agli specchi d’acqua del nostro pianeta. Gli oceani hanno infatti registrato la temperatura più alta in assoluto da quando si calcola questo valore. Bisogna iniziare a preoccuparsi?

I dati sono stati forniti dalla National Oceanic and Atmospheric Administration che ha sottolineato quanto sia pericoloso il record appena raggiunto. Il primato si riferisce al mese di maggio scorso, il più caldo dal 1850, cioè da quando si misura la temperatura dei mari terrestri. I numeri sono eloquenti e non lasciano molto spazio all’immaginazione.

I mari e le conseguenze nel lungo termine

Si sta parlando di 0,85 gradi Celsius in più rispetto al normale per quel che riguarda il mese appena trascorso. Volendo essere ancora più precisi, per i mari di tutto il mondo e per il pianeta in generale, è stato il terzo maggio più arroventato, con il Nord America che ha subito le peggiori conseguenze di questo aumento delle temperature. A proposito degli Stati Uniti, una delle zone più colpite è stata quella di Washington, ma anche lo Stato dell’Idaho non è stato da meno. A questo punto sorge spontanea una domanda. Non è la prima volta che si parla di oceani caldi, ma quali sono i rischi principali?

L’acqua più calda significa essenzialmente meno ossigeno trattenuto, con morie di pesci su larga scala. Non a caso la scorsa settimana migliaia di esemplari sono morti proprio negli Stati Uniti, andando a riversarsi sulle spiagge del Texas: la colpa è tutta della mancanza di ossigeno nel Golfo del Messico che ha determinato questa catastrofe ambientale. Allo stesso tempo, le barriere coralline sono in grande difficoltà per lo stesso motivo ma in un’altra parte del mondo. Gli oceani si stanno dunque espandendo col riscaldamento, contribuendo a sciogliere ancora di più le calotte glaciali.

Mari da tenere sotto controllo

Tra l’altro, le prossime settimane non promettono nulla di buono. Gli Stati a stelle e strisce che sono a rischio per quel che riguarda le temperature estive sono il già citato Texas, la Louisiana e la Florida. La responsabilità, ancora una volta, è del cambiamento climatico e del riscaldamento globale. La National Oceanic and Atmospheric Administration ha fatto sapere come i mari del nostro pianeta siano ormai entrati ufficialmente a far parte del modello climatico che è noto come “El Niño”. Quest’ultimo ricorda un fenomeno di cui si è parlato parecchio qualche anno fa e si presenta puntualmente in presenza di determinati fattori.

El Niño non è altro che la situazione climatica scaturita dal riscaldamento progressivo della superficie dell’Oceano Pacifico, più arroventata del solito in pratica. Le temperature non possono dunque che salire a livello globale, nonostante ci sia qualche esperto molto più ottimista da questo punto di vista. Sembra infatti che il fenomeno atmosferico andrà a influenzare il clima soltanto entro la fine di quest’anno e all’inizio del prossimo. Il monitoraggio dei mari terrestri proseguirà comunque con la massima attenzione per evitare che le conseguenze siano addirittura peggiori di quelle già descritte.

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